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Cellulari, fanno male?

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  • Cellulari, fanno male?

    La notizia è, se vogliamo, una conferma: non ci sono prove della pericolosità delle emissioni elettromagnetiche per la salute umana. Se ne potrebbe concludere che le sorgenti elettromagnetiche, prima fra tutte il telefonino, possono considerarsi sicure e non sono causa di danni alla popolazione che ne fa uso, direttamente o indirettamente.



    E invece sono proprio i ricercatori i primi a smorzare gli entusiasmi. "Gli importanti risultati che sono stati presentati in questi giorni" dichiara Paolo Bernardi, ordinario di Microonde all'Università "La Sapienza" di Roma e coordinatore scientifico del Programma i cui risultati finali sono stati presentati dal 25 al 27 ottobre in un convegno al Cnr di Roma, "possono considerarsi validi soltanto se relativi ai casi analizzati e non possono essere estesi a tutti i possibili casi di esposizione".
    I risultati presentati dopo più di tre anni di ricerca, con il coinvolgimento di tutta la comunità scientifica nazionale, sembrerebbero in effetti assolvere le diverse sorgenti, dai telefonini alle antenne radiotelevisive, che in questi ultimi anni sono state ripetutamente messe sotto accusa dalla popolazione preoccupata per i possibili danni alla salute. In realtà il problema è molto più complesso. Ma quali sono anzitutto questi risultati? Restiamo ai dati relativi al solo telefono cellulare, tralasciando tutti gli altri studi relativi alle altre sorgenti elettromagnetiche, come la antenne radiotelevisive o i cavi dell'alta tensione, che meriterebbero un discorso a parte. "Un risultato che possiamo considerare definitivo è quello che riguarda l'innalzamento termico dovuto all'assorbimento di energia elettromagnetica emessa da un cellulare in attività per circa 20 minuti", continua Bernardi. "I dati delle simulazioni al computer non hanno evidenziato aumenti di temperatura che possono essere considerati nocivi (circa due decimi di grado centigrado nell'orecchio, appena la metà nel cervello), suggerendo così che l'energia indotta dall'antenna sulla testa dell'utilizzatore non riesca a penetrare nel cervello. E questi dati sono stati validati sperimentalmente da diversi studi, anche in Giappone".
    D'altro canto sono emersi risultati che dimostrerebbero che non tutti corpi assorbono le onde allo stesso modo: "Ci sono prove di un aumento del venti per cento dell'energia assorbita dai corpi femminili", prosegue Bernardi, "così come risulterebbe un maggior assorbimento da parte di corpi di bambini. Ma si tratta di modelli semplificati e validi in condizioni particolari, di cosiddetto campo lontano, per esempio nel caso di un'antenna per la telefonia mobile posta a molti metri di distanza dal soggetto esposto. Non si riferiscono quindi all'energia emessa da un telefonino. In ogni caso si tratta di dati da approfondire".
    Risultati da confermare a parte, durante il convegno è emersa l'esigenza di continuare gli studi per affrontare il problema degli effetti a lungo termine, difficili da valutare perché non legati soltanto a innalzamenti di temperatura. "Escluso il rischio termico, restano infatti da valutare i cosiddetti effetti specifici, che potrebbero manifestarsi anche per campi di debole intensità", dichiara Guglielmo d'Inzeo, ordinario di Interazione bioelettromagnetica all'Università "La Sapienza" di Roma e uno dei responsabili del Progetto. "A tale scopo è di fondamentale importanza giungere alla comprensione dei meccanismi fisici che spiegano l'interazione fra un campo elettromagnetico e un sistema biologico, ancora oggi non del tutto chiari". Queste difficoltà sono in buona parte dovute alla multidisciplinarietà del problema che coinvolge varie discipline, dall'ingegneria alla medicina, dalla fisica alla biologia. Non a caso il Progetto ha riunito per la prima volta ben 56 unità operative con diverse competenze scientifiche, tra istituti universitari, del Cnr, dell'Enea e di altri enti pubblici e privati nonché alcune industrie.
    Ma i risultati di questo tipo di ricerche avranno delle ricadute anche nel campo delle applicazioni biomediche. "La comprensione dei meccanismi di base è il punto di partenza per sviluppare applicazioni in campo sanitario, come dimostra l'uso delle microonde in problemi circolatori e cardiaci o per la diagnosi del cancro al seno" spiega James C. Lin, professore di bioingegneria all'Università dell'Illinois a Chicago, intervenuto al convegno. "L'uso delle microonde può essere spesso una valida alternativa a metodi di chirurgia invasiva o all'uso massiccio di farmaci".
    Ultima modifica di Cosmo; 02-11-2004, 22:47.
    Raffaele Lepore
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