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Secessione viennese: Schiele, Klimt e gli altri

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  • Secessione viennese: Schiele, Klimt e gli altri

    Il nevrotico Schiele, il sensuale Klimt e l'agonizzante Kokoschka. Al Mart di Rovereto 200 opere raccontano la grande stagione viennese dall'art nouveau all'espressionismo, attraverso i suoi più illustri protagonisti



    Rovereto - Vienna all'alba del Novecento. La città che fa da sfondo ai malinconici destini raccontati da Schnitzler o da Musil, che vede la nascita della psicanalisi freudiana, delle sinfonie dodecafoniche di Schonberg, delle battaglie contro l'ambiguità del linguaggio politico di Kraus. Vienna, prima, accecante nella sua indorata sicurezza borghese, poi, morbidamente ma inevitabilmente destinata all'apocalisse. Dalla pace alla guerra, dalla ricchezza alla povertà, dall'Art Nouveau all'Espressionismo. E' in questa atmosfera che si incontrano tre grandi artisti per illustrare un periodo carico di turbamenti esistenziali. Un pittore più anziano come guida, due più giovani e scapestrati che ne fulminano l'insegnamento e lo trascinano all'estreme conseguenze. Un Klimt patriarca della secessione viennese, un pestifero Schiele che sposa l'eresia espressionista e un agonizzante Kokoschka che ne segue il credo. Un Klimt, decorativo fino al midollo osseo, che canta la donna come icona da idolatrare, dalla superiorità erotica, dalla forza mitica, uno Schiele impietoso che somministra tensione disumana alle sue femmine imberbi, un Kokoschka passionale ma anche iconoclasta.

    Klimt fu una personalità dominante nella scena viennese di fine secolo, non solo ha coniato un linguaggio pittorico tutto suo di puro istinto simbolista ed esoterico, occulto e sensuale, ma ha anche assecondato le sue personali velleità organizzative, facendosi promotore di artisti ed esposizioni. Schiele e Kokoschka ne hanno goduto i frutti, conquistandosi la stima dell'anziano maestro, lasciapassare per una immediata sponsorizzazione al pubblico. Uno stretto rapporto che viene raccontato dalla bella mostra "Schiele, Klimt, Kokoschka e gli amici viennesi", ospitata al Mart di Rovereto dal 6 ottobre all'8 gennaio, con la direzione scientifica di Gabriella Belli, la cura di Tobias G. Natter, Tomas Sharmann, Thomas Trummer, che presenta oltre 120 opere provenienti dall'Osterreichische Galerie Belvedere di Vienna, che ha co-prodotto la rassegna, e altri prestigiosi musei austriaci e tedeschi, fra dipinti, disegni e sculture, molti dei quali mai esposti in Italia. Un fitto percorso espositivo per illustrare l'atmosfera culturale fin de siècle che si respirava in Austria, in questa società eclettica, sedotta dal simbolismo decadente e ammalata di nazionalismo intrepido alle soglie della prima guerra mondiale, ma, allo stesso tempo, briosa nello sfarzo aristocratico della belle epoque, e contagiata dalle sperimentazioni psicanalitiche di portata rivoluzionaria.

    Un'esposizione che focalizza la figura di Egon Schiele (1890-1918) - tant'è che l'epilogo del percorso è una sezione dedicata alla quarantanovesima mostra della Secessione Viennese del marzo 1918, occasione nella quale Egon Schiele, pochi mesi prima di morire di influenza spagnola ad appena 28 anni, raggiunse un importante successo e riconoscimento di critica.
    La sua opera è messa a stretto confronto con Gustav Klimt (1862-1918) e Oskar Kokoschka (1886-1980) per documentare la trasformazione monumentale delle avanguardie, dall'Art Nouveau all'espressionismo, che coinvolse anche altri artisti come Anton Faistauer, Anton Kolig, Carl Moll, Koloman Moser, Max Oppenheimer e Anton Peschka. Dall'elegante decorativismo e dall'accentuato linearismo di Klimt, alla formulazione dell'espressione dura, ansiogena, nervosa, psicologicoa di Schiele e Kokoschka. Dai nudi sensuali, enigmatici, quasi esoterici di Gustav Klimt, alle figure animalesche, struggenti, disadattate di Kokoschka e Schiele. Sarà lui, il maestro degli acquerelli, a raccontare la compassionevole condizione umana, attraverso una ritrattistica emotivamente carica, mentre Kokoschka svilupperà uno stile pittorico grezzo in diretta antitesi con l'approccio raffinato di Klimt.
    E sarà proprio Schiele a trascinare la secessione dall'apogeo al tramonto. Nell'era francogiuseppina Klimt comincerà a sentire il turbamento più repentino di fronte alle opere impietose di Schiele che disgregano crudelmente il linguaggio secessionista, caricandolo di angoscia esistenziale e psicologica. L'anno cruciale di Schiele sarà il 1905, segnato dalla morte del padre, che già da qualche anno soffriva di stati allucinatori dovuti, forse, alla sifilide. La sensibilità nevrotica del ragazzo ne rimarrà marchiata a fuoco. Proprio da questa esperienza scaturiranno i temi dominanti della sua opera futura, l'associazione tra sesso, colpa, espiazione, e l'ossessione della morte e del declino. Le premesse estetizzanti della cultura secessionista vengono superate da un più forte interesse per il linguaggio espressionista. Comincerà a volgere la sua pittura verso una realtà umana cruda, angosciata da tensioni esistenzialiste, colta nell'inesauribile conflitto tra vita e morte. Schiele testimonia prontamente il segno della diversità: all'"horror vacui" di Klimt, per il quale la superficie era il tutto pieno del mosaico ornamentale, Schiele oppone la vertigine di uno spazio vuoto che isolando la figura, contemporaneamente la assedia. Le sue modelle preferite sono ragazzine, spudorate lolite tutte ossa, occhi e genitali, dedite all'autoerotismo maniacalmente ritratto. Un esercizio solitario che diventa per Schiele un atto della desolazione e dell'inerzia.

    E su questa ossessione incomberà l'onta di un'accusa di pedofilia e violenza carnale su una minorenne. Ma anche nei ritratti di suoi illustri contemporanei, raggiunge picchi di virtuosismo psicologico. Splendido e agghiacciante è il "Ritratto dell'editore Eduard Kosmack", del 1910, dove Schiele orchestra uno splendido, seppur duro, esempio di osservazione introspettiva alla sua maniera. La figura sembra la traduzione pittorica dei personaggi tratteggiati da Ibsen o Strindberg, il cui comportamento appare il risultato di forze interiori sconosciute e incontrollabili. Il protagonista è un trentenne editore, rigido come una marionetta, costretta in una posa sconnessa e innaturale, che richiama il celebre "Pubertà" di Munch. Isolato su uno spazio vuoto, senza àncore né sostegni, lontano dall'ossessivo riempimento decorativo di Klimt. Fulmina l'osservatore con i suoi occhi, di una fissità magnetica. Non a caso Kosmack era un esperto ipnotizzatore.

    Ed è sempre bellissimo il confronto diretto con opere come la "Giuditta" di Gustav Klimt che codifica il topos letterario della donna fatale di fine Ottocento, la grande seduttrice crudele, l'ammaliatrice, un po' Circe un po' Medea, che trascina alla morte e alla rovina il proprio amante. Un luogo comune della letteratura e delle arti visive tra il 1890 e il 1914, una sorta di vera e propria ossessione di indagine su cui si sofferma l'intelligenza europea. Il suo corpo rosato appare come un gioiello incastonato tra altri gioielli di un'icona bizantina. Ma attenzione, in tutta la letteratura della seconda metà dell'Ottocento, gemme, metalli preziosi vengono associati ad una femminilità demoniaca. O ancora, "Le tre età della donna", dove l'esuberanza decorativa tipica di Klimt gioca con l'estremo realismo della vecchia, incisa di venature violacee e pelle cadente, accanto ad una trasognata figura di madre, il cui volto rivela un effetto di couperose.

    Quanto a Kokoschka, sarà l'amicizia con l'architetto Adolf Loos a spronarlo verso lidi diversi dalla secessione. Da tempo Loos aveva preso coscienza che lo stile secessionista non avrebbe configurato il futuro artistico, che, piuttosto, "si rivelava come l'ostinato maquillage di un mondo al tramonto". Suo era lo slogan savonaroliano "Ornamento è delitto" contro l'estetica secessionista. La personalità pittorica di Kokoschka si allinea, quindi, alla formula espressionista, lasciando trapelare una forza di penetrazione psicologica e una violenza cromatica nuove. Nel 1918 due morti illustri. Klimt, di ritorno da un viaggio in Romania è colto da un colpo apoplettico, morendo il 6 febbraio a 56 anni. Schiele lo ritrarrà sul letto di morte. Poco tempo dopo, la febbre sfinisce Schiele, ventotto anni, una vita incandescente. Il suo ultimo disegno risale a tre giorni prima. Coglie la morte in presa diretta sul volto della moglie Edith al sesto mese di gravidanza. Kokoschka, più longevo, morirà nel 1980 a Londra, buen retiro dal '34, da quando le autorità nazionaliste avevano confiscato le sue opere "come arte degenerata".

  • #2
    Klimt è il pittore che più preferisco. Sono stata ad una mostra dei suoi quadri a Vienna.... Sono rimasta un buon 10 minuti a osservare il "Bacio"..... La parola "magnifico" non basta per descriverlo...


    finalmente ho una firma cazzuta \O/



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