“Mamma, mamma! Cos’e’ quello?” una bimbetta paffuta, alza la mano grassottella e indica con un dito altrettanto grassottello una figura informe, una figura coperta di stracci ferma ad un angolo della strada intenta a chiedere l’elemosina. La donna guardò l’oggetto della curiosita’ della figlia e alzando un sopraciglio cercò di capire cosa fosse, in effetti la gran quantità di stracci non avrebbe permesso di esprire alcun giudizio, se non fosse stato per una zampa di chiara forma leonide, coperta da un folto pelo rossastro, posta nel chiaro senso dell’elemosina.
“Astrid! Non indicare con la mano e’ segno di cattiva educazione, inoltre, stai fissando un leonide o una leonide mi e’ difficile capirlo, sono comuque una razza inferiore dell’Ardesya, esseri dalla natura bizzarra. Ora andremo li e farai una buona azione, donerai la moneta che ti ha dato tuo padre a quel poveretto!”
“Ma mamma!”
“Niente ma Astrid! Una giovane donna deve imparare anche a essere generosa, non vorrai venire additata come una donna priva di buon cuore, ti sarebbe difficile poi trovare marito!”
Madre e figlia si avvicinarono al mendicante, la bimbetta, con uno sguardo al pari di chi stesse subendo una dura punizione, si avvicinò con passi striscianti e depose la moneta, non senza prima aver guardato un ultima volta la madre, sulla zampa del leonide.
A quel punto una voce lieve e roca, iniziò a ringraziare la madre e la figlia, elogiandone la bellezza fisica di poco inferiore a quella del loro animo. Nel mentre, dal cumulo di stracci una coda piccola e sottile, scura come la notte si mosse lentamente senza produrre il minimo rumore, si fermo’ a pochi centimetri dalla donna restando immobile, come un serpente pronto a colpire. La voce continuò i suoi salamelecchi finche’ le due donne si girarono per allontanarsi, a quel punto, con velocità e senza produrre il minimo rumore balenò nell’aria un artiglio che recise la corda che tratteneva il borsello della donna.
La coda pronta lo raccolse, senza che esso avesse prodotto nemmeno il piu’ lieve tintinnio tra le monete, in un attimo coda e borsello sparirono sotto il cumulo di stracci.
Le due donne fecero alcuni passi per poi accorgersi di essere senza denaro, da prima pensarono di aver perso il borsello, poi guardarono il cumulo di stracci immobile, ancora come lo avevano lasciato, la donna chiamò a se una guardia, gli indicò il mendicante dicendogli che l’aveva derubata.
La guardia si avvicinò al mendicante, intimandogli di restituire il mal tolto, a tale richiesta fece seguito il silenzio piu’ assoluto, allorchè la guardia si avvide di dover usare le maniere forti, prese per la zampa il mendicante e si ritrovò la zampa in mano. Con un grido la lasciò cadere, mentre un'altra guardia che aveva visto tutto iniziò a ridere a crepapelle, si avvicinò al gruppo e spiegò loro l’arcano.
“Ma quale leonide e leonide, Signora, questo è un vecchio trucco, creano con della pelliccia vecchia e del legno un qualcosa che assomigli alla zampa di un leonide, lo ricoprono di stracci e aspettano il p…la preda di turno, mentre voi donate, di solito sono i monelli, da dietro vi rubano il borsello, voi vi allontanate e loro scappano lasciando solo gli stracci”.
Mentre il gruppo stava discutendo dell’accaduto, la guardia che aveva spiegato il trucco volse lo sguardo verso il tetto di un abitazione poco lontana, dove fece un impercettibile cenno di assenso ad una piccola ombra.
Nascosta dietro una rientranza di un tetto, una piccola leonide guardava verso il gruppo che aveva lasciato, un ghigno soddisfatto le si affacciò sul volto. Silenziosamente, avvolta da un vecchio mantello scuro, corse leggera sui tetti fino ad arrivare in un vicolo, guardando attentamente per essere certa di non essere seguita, si addentrò fino alla fine del vicolo. In una piccola rientranza del muro spostò un mattone, nella nicchia scoperta depose un piccolo borsello contente cento monete d’oro, il compenso che aveva pattuito con la guardia per il suo aiuto, rimise a posto il mattone segnandolo con un artiglio.
Quella giornata era stata fruttuosa, se la guardia avesse saputo quanto, probabilmente avrebbe preteso di piu’. Con bochi balzi agili risalì sul tetto e si diresse verso quella che era la sua tana, appena prima di giungervi, si tolse il mantello e cambiò i vestiti, ritornando ad essere lo sguattero della locanda. Saltò giu’ per finire dietro le stalle e sentire l’oste che la chiamava.
“Kayen! Dove ti sei nascosto ammasso di pulci mangia pane a tradimento! C’e’ da lavorare qui, muovi quel culo peloso altrimenti salterai la cena anche oggi!”
Sogghignando pericolosamente la piccola Kayen si avvicinò alla locanda per riprendere un lavoro che a breve avrebbe abbandonato.
“Astrid! Non indicare con la mano e’ segno di cattiva educazione, inoltre, stai fissando un leonide o una leonide mi e’ difficile capirlo, sono comuque una razza inferiore dell’Ardesya, esseri dalla natura bizzarra. Ora andremo li e farai una buona azione, donerai la moneta che ti ha dato tuo padre a quel poveretto!”
“Ma mamma!”
“Niente ma Astrid! Una giovane donna deve imparare anche a essere generosa, non vorrai venire additata come una donna priva di buon cuore, ti sarebbe difficile poi trovare marito!”
Madre e figlia si avvicinarono al mendicante, la bimbetta, con uno sguardo al pari di chi stesse subendo una dura punizione, si avvicinò con passi striscianti e depose la moneta, non senza prima aver guardato un ultima volta la madre, sulla zampa del leonide.
A quel punto una voce lieve e roca, iniziò a ringraziare la madre e la figlia, elogiandone la bellezza fisica di poco inferiore a quella del loro animo. Nel mentre, dal cumulo di stracci una coda piccola e sottile, scura come la notte si mosse lentamente senza produrre il minimo rumore, si fermo’ a pochi centimetri dalla donna restando immobile, come un serpente pronto a colpire. La voce continuò i suoi salamelecchi finche’ le due donne si girarono per allontanarsi, a quel punto, con velocità e senza produrre il minimo rumore balenò nell’aria un artiglio che recise la corda che tratteneva il borsello della donna.
La coda pronta lo raccolse, senza che esso avesse prodotto nemmeno il piu’ lieve tintinnio tra le monete, in un attimo coda e borsello sparirono sotto il cumulo di stracci.
Le due donne fecero alcuni passi per poi accorgersi di essere senza denaro, da prima pensarono di aver perso il borsello, poi guardarono il cumulo di stracci immobile, ancora come lo avevano lasciato, la donna chiamò a se una guardia, gli indicò il mendicante dicendogli che l’aveva derubata.
La guardia si avvicinò al mendicante, intimandogli di restituire il mal tolto, a tale richiesta fece seguito il silenzio piu’ assoluto, allorchè la guardia si avvide di dover usare le maniere forti, prese per la zampa il mendicante e si ritrovò la zampa in mano. Con un grido la lasciò cadere, mentre un'altra guardia che aveva visto tutto iniziò a ridere a crepapelle, si avvicinò al gruppo e spiegò loro l’arcano.
“Ma quale leonide e leonide, Signora, questo è un vecchio trucco, creano con della pelliccia vecchia e del legno un qualcosa che assomigli alla zampa di un leonide, lo ricoprono di stracci e aspettano il p…la preda di turno, mentre voi donate, di solito sono i monelli, da dietro vi rubano il borsello, voi vi allontanate e loro scappano lasciando solo gli stracci”.
Mentre il gruppo stava discutendo dell’accaduto, la guardia che aveva spiegato il trucco volse lo sguardo verso il tetto di un abitazione poco lontana, dove fece un impercettibile cenno di assenso ad una piccola ombra.
Nascosta dietro una rientranza di un tetto, una piccola leonide guardava verso il gruppo che aveva lasciato, un ghigno soddisfatto le si affacciò sul volto. Silenziosamente, avvolta da un vecchio mantello scuro, corse leggera sui tetti fino ad arrivare in un vicolo, guardando attentamente per essere certa di non essere seguita, si addentrò fino alla fine del vicolo. In una piccola rientranza del muro spostò un mattone, nella nicchia scoperta depose un piccolo borsello contente cento monete d’oro, il compenso che aveva pattuito con la guardia per il suo aiuto, rimise a posto il mattone segnandolo con un artiglio.
Quella giornata era stata fruttuosa, se la guardia avesse saputo quanto, probabilmente avrebbe preteso di piu’. Con bochi balzi agili risalì sul tetto e si diresse verso quella che era la sua tana, appena prima di giungervi, si tolse il mantello e cambiò i vestiti, ritornando ad essere lo sguattero della locanda. Saltò giu’ per finire dietro le stalle e sentire l’oste che la chiamava.
“Kayen! Dove ti sei nascosto ammasso di pulci mangia pane a tradimento! C’e’ da lavorare qui, muovi quel culo peloso altrimenti salterai la cena anche oggi!”
Sogghignando pericolosamente la piccola Kayen si avvicinò alla locanda per riprendere un lavoro che a breve avrebbe abbandonato.