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It feels allright, but never complete without you.

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  • It feels allright, but never complete without you.

    Come tutti quelli che hanno una tastiera, anche io scrivo ogni tanto. A qualcuno piace, a qualcuno no, l'importante è provare.


    Il tram biancarancione numero emme è fermo al capolinea.
    Un tizio ubriaco.
    Brutta tròia, dice. Si trascina tutte le parole che sono più lunghe di due sillabe. Il suo amico è ben rasato, o forse non ha barba, la pelle molto scura, ma non rossa, quasi terra bruciata. Ha in mano una birra, che copre alla bell'e meglio con il lato aperto del cappotto verde scuro.
    Dice che la prende a botte, la bastàrda, subito dopo aver caricato due euro nel telefonino. Che tiene aperto in mano. E' uno di quei modelli a conchiglia. Lui ha un cappellino di lana, ma con la visiera. La barba lunga di qualche giorno, ma non troppi. Ha tre denti. Le mani sono rosse, paonazze e le unghie hanno tutte un alone nero ai bordi.
    Brutta tròia, mi hanno dato due anni e sei mesi, ma 'sta volta non mi interessa me ne danno molti di più.

    Due ragazzine se la ridono.
    Una delle due si è messa la matita nera agli occhi: ha uno specchietto da borsetta poggiato sulle ginocchia, finché non parte il bus dal capolinea, in piazza di fronte alla stazione dei treni con l'orologio bianco coi numeri romani. L'amica ha uno strumento musicale, è piccolo nella custodia blu oltremare. Deve essere un clarinetto, o una tromba, di certo non un violoncello per capirci. Scenderanno alla fermata del Conservatorio.
    Quando i due ubriachi devono scendere alla loro fermata, al bar prima del mercato civico, quello che la picchierà, la tròia, è molto lento.

    L'autista fa chiudere le portiere del bus, ma lui sbraita. Si appoggia con la mano libera al passamano giallo per non cadere, e nell'altra tiene ancora il telefonino grigio aperto. La manica del cappotto nero arriva quasi all'attaccatura delle falangi, copre il palmo. Urla: aspetti che sono invalido al cento per cento. L'autista chiede scusa. Dice: pensavo non dovesse scendere.
    Lui urla, che càzzo sono zoppo e stavo scendendo.
    L'autista dice: basta solo dirlo e aspetto...
    Qualcuno, in quel momento, urla: e basta.
    L'autista continua: ...volentieri. E non ci sono problemi, su.
    Quando lo sbronzo sente urlare: e basta, s'incàzza.
    Dice: chi ha urlato basta?Chi è stato! Figlio di puttàna. Chi ha urlato? Mi sono incazzato, ora! Urla. Sbatte le mani al passamano. L'autista dice di scendere che non è successo niente, va buona.
    Lui urla ancora. Dice che gli rompe il culo a chi ha detto basta, che non ha paura. Gli fa un culo così. L'amico con la faccia marrone lo guarda da fuori, è già sceso e ha la birra in piena vista. Mi scruta negli occhi per un attimo. Ha paura, lo vedo.

    Le ragazzine non ridono più. Si guardano tra loro, ma di sfuggita. Le labbra non accennano alcuna curva, non traspirano sentimenti a parte una leggera ombra di sgomento. Gli occhi ora fissano il sedile di fronte. Non si muovono se non di sfuggita.
    L'amico si avvicina e cerca di farlo scendere, e dopo qualche tentativo ce la fa. Lui urla ancora. Si avvicina alla portiera destra, quella per salire sull'autobus, la più vicina al conducente. Dietro l'autista è seduto il tizio che ha urlato: e basta!
    Si accosta alla portiera e comincia a tirare pugni. L'amico lo mantiene e gli dice di lasciar stare. Lui urla: ti faccio un culo così, e con la mano libera fa anche il gesto, mentre con quella che regge il cellulare ci prova con una mossa goffa. La faccia si deforma, sdegno e nervi.
    L'amico lo sposta. L'autista chiude la portiera centrale, quella da cui si scende, e riparte. Le ragazzine si guardano e ridono, con gli occhi sgranati e un po' spaventati. Più seri della loro smorfia di riso.

    L'immagine dell'amico che l'abbraccia per contenerlo mentre gesticola animatamente scivola via dai grandi vetri dell'autobus numero emme. Lui ancora urla qualcosa, che forse non ha paura di rompergli il cùlo, ma già non si sente più.
    Scendo alla fermata del Conservatorio. Saluto le due ragazzine con un sorriso, ricambiano come se fossimo stati vittime di chi sa quale evento. Solidali.
    Imbocco la salita per casa.

    Cammino su un filo immaginario, in bilico tra un sorriso e la paura. Ma non quella che si annulla col coraggio. Quell'altra. Quella dei momenti che forse non puoi farci niente. Quella che tanto arriverà Natale, o Capodanno, o un video musicale e tutto da capo.

  • #2
    Ops, ho cannato il subforum. Se sei malauguratamente un mod, me lo sposti? :*

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    • #3
      Questi spiragli di vita vissuta sono sempre affascinanti *_*
      L'ultima frase, poi... Quante volte l'ho pensato anche io.
      .

      .
      Clan SPAMMER - Severi ma giusti.

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