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L'abc dei motori.

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  • L'abc dei motori.

    Quante volte vi kiedete il significato di un termine ke ha a ke fare con un'auto, oppure come funziona una sua componente? D'ora in poi in kuesto 3d troverete tutte (spero) le risposte ke cerkate!
    (Con info prese qua e la e integrate dal sottoscritto )

    - ABS (Antilock Braking System)

    E’ un sistema, oggi alla ottava generazione, utilizzato dal 1978, che impedisce alle ruote di pattinare durante la frenata, conservandone quindi la direzionalità (possibilità di sterzare la vettura), e che consente di ridurre gli spazi d’arresto nella maggioranza dei casi, specie sui fondi scivolosi. Il risultato è ottenuto “modulando” la frenata, cioè con un sistema in grado di percepire che una o più ruote stanno per bloccarsi e quindi di intervenire per allentare il contatto strisciante delle ruote di cui sopra. Occorre quindi un sistema che misura la velocità di rotazione individuale di ciascuna ruota, che lo paragoni a quella delle altre ruote e che intervenga sul freno.

    - Albero a camme

    E' l'albero della distribuzione, su cui sono montati degli eccentrici, detti "camme" (le camme sono forzate su un tubo in acciaio, oppure costituiscono un tutt’uno forgiato) che comandano, tramite punterie, direttamente (comando in testa) o attraverso bilancieri o addirittura con un sistema di aste e bilancieri, l'apertura e la chiusura delle valvole. Viene azionato dall’albero motore rispetto a cui ruota (nel motore a quattro tempi) a velocità angolare dimezzata e a cui è collegato tramite catena o cinghia, più raramente con una cascata di ingranaggi. La forma degli eccentrici è determinante ai fini delle prestazioni in quanto regola il diagramma di apertura (fasature e ampiezze) e anche ai fini della rumorosità in quanto regola l’impatto tra valvole e sedi delle stesse.

    - Albero motore

    Detto anche albero a manovelle, a collo d’oca e albero a gomiti (e persino girabacchino), è il componente del motore che ruota sui supporti di banco e al quale sono collegate le bielle. E’ in ghisa oppure in acciaio, ma non mancano realizzazioni in acciaio speciale al cromo (con nichel, vanadio, oppure molibdeno). Per equilibrarlo staticamente e dinamicamente si adottano diversi schemi della posizione delle manovelle e, molto spesso, si aggiungono dei contrappesi. La parte di squilibrio dovuta all’azione alterna del pistone richiede un’equilibratura specifica. Il motore a 6 cilindri è uno dei più equilibrati e non richiede contrappesi o contralberi (vedi anche alberi controrotanti). La lubrificazione dei supporti di banco, dove alloggiano le bronzine, avviene tramite canali che attraversano tutto l’albero e hanno varie uscite in corrispondenza dei supporti stessi.

    - Albero primario

    E’ l’albero del cambio che si trova in linea con l’albero della frizione, su cui normalmente sono montati gli ingranaggi “folli” e i manicotti sincronizzatori, che non sono folli ma ruotano alla velocità dell’albero e che possono scorrere assialmente perché albero e manicotti sono rigati longitudinalmente. Gli ingranaggi del primario sono accoppiati con quelli del secondario, i quali ultimi girano solidali col loro asse.

    - Alesaggio

    Diametro (in millimetri) del cilindro nel quale scorre il pistone. La scelta del rapporto alesaggio/corsa è importante a seconda delle caratteristiche del motore che si vogliono ottenere.

    - Alimentazione - differenze Otto / Diesel

    E' l’insieme dei componenti (serbatoio, pompa, accumulatore, tubazioni, filtri, regolatore di pressione, carburatore o sistema di iniezione) che contribuiscono a far pervenire il combustibile al motore e, nel caso della benzina, a preparare la miscela aria-carburante da immettere nei cilindri (Carburazione). I motori Diesel e Otto differiscono essenzialmente per il sistema di alimentazione/accensione della miscela. Il motore Diesel (o ad accensione spontanea o accensione per compressione AC) controlla la potenza erogata variando la quantità di combustibile (rapporto A/F) immesso nel cilindro: tiene il minimo con pochissimo combustibile (1/100 in peso dell’aria aspirata) e aumentandolo raggiunge il massimo della potenza (1/18, non può arrivare al teorico 1/15 perché altrimenti sarebbe fumoso) ed è comunque il motore termico attuale a più alto rendimento, Il gasolio non evapora, ma viene ridotto in goccioline disperse nell’aria tramite gli iniettori, da cui l’importanza di alte pressioni agli iniettori stessi. Il motore Otto invece, se fosse senza farfalla, e si cercasse di regolarlo variando la quantità di combustibile varierebbe di assai poco la potenza erogata, in quanto la benzina richiede valori piuttosto ristretti di A/F per accendersi, oltre che l’innesco della scintilla). Ecco perché per regolarlo è essenziale una farfalla che governi la portata di una miscela che praticamente è a rapporto stechiometrico (ciò non vale nei motori "lean burn" dove il rapporto stechiometrico è garantito solo attorno alla candela). La benzina evapora e forma un gas che si mischia con l’aria. Il rapporto di compressione di un benzina arriva fino a 12, mentre quello di un Diesel arriva fino a circa il doppio, comprimendo l’aria anche fino a 80 bar e facendola arrivare a circa 900°C. In definitiva il Diesel è a controllo della qualità della miscela mentre l’Otto è a controllo della quantità e le sue perdite di carico (resistenza del fluido nei condotti) sono alte man mano che si alza l’acceleratore, per via della chiusura della farfalla: anche per questoil ciclo Otto ha rendimento meccanico minore. Termodinamicamente i cicli differiscono per la fase di accensione, che per l’Otto è isocora e per il Diesel è isobara; le altre fasi sono per entrambi due adiabatiche (compressione ed espansione) e un’isocora (scarico). A parità di rapporto di compressione il Diesel ha un rendimento termodinamico inferiore all’Otto, ma in realtà il suo rapporto di compressione è molto più elevato per cui ottengono rendimenti maggiori. Se ora ragioniamo a parità di cilindrata e a piena immissione, l’Otto classico ha un rapporto aria/combustibile fisso, o comunque variabile di poco attorno allo stechiometrico 14,7/1 e, in pratica, utilizza tutta l’aria a disposizione per produrre potenza. Il Diesel invece va da 100/1 (quando funziona al minimo) a 18/1 di rapporto A/F utilizzando al massimo l’80% dell’aria aspirata (quando è a piena immissione) per non avere emissioni fumose, e quindi esprime una potenza minore (circa il 20% in meno) rispetto a un motore di pari cilindrata a ciclo Otto entrambi “aspirati”. Tutto ciò supponendo in prima approssimazione pari potere calorifico dei combustibili (ma il Diesel ne ha un 10% in più). Le differenze tra diesel e benzina vanno comunque riducendosi con l’iniezione diretta per entrambi i motori e con i “lean burn” e la carica stratificata per quelli a benzina, che permettono anche al benzina di allontanarsi dal rapporto stechiometrico, FINO A CIRCA 50:1, NELLE FASI di lavoro IN CUI NON è RICHIESTA MOLTA POTENZA (in realtà c’è sempre un rapporto stechiometrico vicino alla candela e tutt’intorno aria). Il motore a benzina può salire a un numero di giri più elevato perché il diesel ha bisogno di tempo per l’iniezione e l’accensione della miscela e ha la corsa lunga per raggiungere il valore di compressione: a 5.000 giri/min ci sono a disposizione solo 0,00133 secondi per iniettare il gasolio nei 40° di rotazione del motore utili alla bisogna. (Se nn capite kualkosa kiedete ke ve spiego..)

    - Anticipo d’accensione e di iniezione

    Per dare tempo alla miscela aria-benzina di bruciare completamente, la scintilla della candela viene fatta scoccare prima che il pistone raggiunga il punto morto superiore, ossia la sua posizione più alta nel cilindro. Il valore di tale anticipo è definito dai gradi dell’angolo di cui è inclinata la manovella dell’albero a gomiti rispetto alla posizione verticale (corrispondente al punto morto superiore) nel momento in cui scocca la scintilla. L’anticipo è funzione del numero di giri e va aumentato in proporzione, a partire da zero fino a circa 40° rispetto al punto morto superiore. Come regola generale l’istante di accensione dovrebbe essere tale che quando il pistone raggiunge il P.M.S. (punto morto superiore) l’aumento di pressione è la metà di quello a fine combustione. Nel diesel (e ora anche nei motori a benzina ID) esiste un anticipo di iniezione, che sposta la camma di azionamento degli iniettori in funzione del numero di giri. Entrambi gli anticipi vanno regolati anche in funzione del carico nel senso che l’anticipo va ridotto al ridursi del carico perché con miscela magra (nel diesel) l’accensione è più difficoltosa: però ritardando l’anticipo l’aria è più calda e quindi il gasolio si accende più facilmente

    - Aquaplaning

    E' la pericolosa perdita di aderenza che si crea quando fra pneumatico* e fondo stradale si forma un velo d’acqua. L’aquaplaning fa «decollare» la ruota rendendo a volte impossibile il controllo della vettura con lo sterzo* e annullando l’effetto frenante. Si accentua col crescere della velocità, dello spessore del velo d’acqua (pozzanghere), della larghezza dei pneumatici e dell’usura del battistrada. Per allontanare questo pericolo bisogna ridurre la velocità e viaggiare con gomme in ordine: pressione corretta e battistrada in buono stato.

    - ASC

    Sigla di Automatic Stability Control, sistema antipattinamento utilizzato dalla BMW e messo a punto insieme con la Bosch. Riduce l’erogazione di potenza intervenendo sugli impianti di alimentazione e di accensione. Oggi questi impianti si chiamano TCS mentre un sistema ancora più raffinato è il ESP.

    - ASC+T - DSC (Dynamic Stability Control)

    Sigla di Automatic Stability and Traction Control, sistema antipattinamento in accelerazione delle ruote motrici utilizzato dalla BMW. Oltre che intervenire sull’iniezione e l’accensione interviene anche sui freni utilizzando l’impianto ABS.

    [To Be Continued]


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    Originally posted by Sergio di Rio
    e' la prima volta che t sento dire un sinonimo di suino non legato al nome di qualche divinita'

  • #2
    Anti-roll bar

    Barra antirollio o barra stabilizzatrice. Posta trasversalmente, collega le sospensioni del medesimo asse tramite una barra di torsione.

    Assale

    Talora detto asse, è il complesso delle sospensioni dell’avantreno (assale anteriore) o del retrotreno (assale posteriore).
    L'asse è la linea retta passante per due o più punti. Spesso usato per dire assale, cioè insieme delle sospensioni relative alle ruote davanti o alle ruote dietro (assale anteriore e assale posteriore). Usato anche e impropriamente in luogo di albero (es. asse a camme). Considerando il baricentro come origine si individuano per una vettura tre assi ortogonali principali: asse longitudinale (come la direzione di marcia rettilinea), asse trasversale (orizzontale come il precedente ma, appunto, trasversale) e asse verticale. I movimenti della vettura attorno ai tre assi sono detti rispettivamente rollio, beccheggio e imbardata.

    Assetto

    Posizione della vettura caratterizzata dagli angoli caratteristici attorno ai tre assi baricentrici: longitudinale, trasversale e verticale. Dicesi anche della corretta preparazione delle sospensioni ai fini della stabilità e della tenuta.

    Autobloccante

    Sistema che, in determinate condizioni, interrompe automaticamente il movimento di una o più parti che invece, di solito, “lavorano” trasmettendosi il moto a velocità diverse. Il più noto gruppo autobloccante su una vettura è il differenziale autobloccante. Il bloccaggio può avvenire in diversi modi, per ragioni meccaniche (vedi differenziale Torsen) oppure per attrito tra dischi alcuni dei quali collegati all’elemento meccanico trainante intervallati ad altri collegati all’elemento condotto o ad un elemento fermo e il tutto immerso in un olio a densità controllata.


    AVT (Active Valve Train)


    Motore camless dove non esiste l’albero a camme e le valvole sono comandate singolarmente per via idraulica (pistoncino) o elettrica a controllo elettronico. Si può anche ipotizzare un’apertura a comando e una chiusura a molla ( SVA - Smart Valve Actuation della Sagem). Questo sistema elimina sicuramente la necessità di una farfalla per la regolazione dei motori a benzina ed è abbinato all’iniezione diretta (vedi vataggi analoghi del valvetronic). Con l’AVT si gestisce tutto il funzionamento tenendo conto anche delle emissioni, si possono tenere chiusi alcuni cilindri, eseguire ricircolo interno dei gas di scarico, controllare la rumorosità. E’ anche un sistema indispensabile per il AC (Active Combustion).


    Barra di torsione

    E’ un elemento elastico costituito da una barra sollecitata a torsione. Nell’uso tipico come elemento elastico delle sospensioni, le sue estremità sono solidali al telaio della vettura da una parte e a un braccio della sospensione stessa dall’altra. Rispetto alla classica molla elicoidale è meno ingombrante in altezza e consente più facili regolazioni dell’assetto. Ha però costo e complicazioni costruttive maggiori e non offre una risposta altrettanto precisa e prevedibile. Si usa ancora più frequentemente come barra antirollio o stabilizzatrice.

    Barra stabilizzatrice

    Detta anche barra antirollio, unisce le due sospensioni indipendenti situate ai lati opposti dello stesso asse e passa attraverso due cerniere attaccate al telaio (distanti tra loro nel caso ideale, talora addirittura assenti con conseguente efficacia molto ridotta) in modo da limitare il coricamento laterale della vettura in curva e il rollio quando le ruote anteriori non sono allo stesso livello. Costruttivamente è una barra di torsione. La sua presenza non influenza il molleggio quando le ruote dello stesso asse incontrano contemporaneamente un ostacolo o un avvallamento.


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    • #3
      Beccheggio

      E’ il movimento della carrozzeria rispetto ad un asse trasversale che avviene in accelerazione e in frenata, provocando, rispettivamente, l’abbassamento della coda e l’innalzamento del muso e viceversa. Le sospensioni con geometria tale da minimizzare il fenomeno sono dette «anti-dive» all’avantreno e «anti-squat» al retrotreno.

      Biella

      Viene così definita qualsiasi asta rigida avente snodi alle due estremità: se, come nella maggioranza dei casi, non ci sono forze esterne a componente trasversale che agiscono lungo il suo corpo e se si trascura l’effetto del suo peso, essa è sottoposta solo a sforzi di trazione o di compressione. Nel motore, le bielle fanno parte del cinematismo che trasforma il moto alternato dei pistoni nel moto rotatorio dell’albero motore. Il collegamento a quest’ultimo è ottenuto tramite la cosiddetta testa di biella, mentre l’altra estremità, unita al pistone tramite uno spinotto, è denominata piede. Nelle sospensioni, bracci e bielle sono gli organi che collegano i mozzi delle ruote alla scocca: sono anche chiamati puntoni o tiranti a seconda della loro funzione specifica (ad es.multilink), cioè rispettivamente se la biella è soggetta a compressione o a trazione.

      Blow-by

      E’ il trafilamento dei gas che si verifica fra il gruppo pistone-segmenti e la canna del cilindro a causa delle elevate pressioni che si raggiungono nella camera di combustione. Questo trafilamento, tanto più elevato quanto più il motore è usurato, finisce nel basamento che, per questo, deve essere dotato di un apposito sfiato. Questo sfiato un tempo liberava i vapori nell’atmosfera mentre oggi, per evitare l’inquinamento, i gas vengono ricondotti nella camera di combustione avviandoli ai condotti d’aspirazione. In questo caso si parla di PVC (Positive Crankcase Ventilation) e un condotto mette appunto in connessione il carter con il condotto di aspirazione.

      Boost

      E’ la pressione di sovralimentazione con la quale l’aria viene spinta nei condotti d’aspirazione dei motori equipaggiati con compressore (volumetrico o turbocompressore).

      Bronzine

      Cuscinetti (o meglio semicuscinetti) a strisciamento, di spessore sottile, entro cui ruotano i perni. Un tempo in bronzo (da cui il nome) ora sono in acciaio rivestito di materiale a basso coefficiente di frizione, come leghe di o d’alluminio o altro. Sono alloggiate nei cappelli, se è previsto lo smontaggio e l’eventuale sostituzione. Possono avere sulla loro superficie delle microscanalature longitudinali per favorire la lubrificazione. La qualità delle bronzine dipende dalla loro resistenza all’usura, dalla robustezza agli sforzi meccanici e dalla costanza delle caratteristiche termiche. Hanno durata e capacità di carico superiori ai cuscinetti a rotolamento e per questo sono utilizzate, dove si può (vedi motore a 2 tempi, dove non si può) negli organi che trasmettono forze elevate. Le bronzine “a frattura” derivano da cuscinetti a strisciamento interi (cilindrici) spezzati epoi ricomposti attorno al perno per avere una perfetta chiusura su se stessi in fase di montaggio. (Vi ricordate ke sono kuelle ke brucia Brian Spilmer nella Eclipse dopo la prima gara in F&F1?)

      Cambio a innesti frontali

      Privo di sincronizzatori, è utilizzato sulle auto da competizione poiché consente innesti molto veloci delle marce ed è, generalmente, più compatto e robusto dei cambi utilizzati sulle vetture di serie. Richiede abilità, sensibilità ed esperienza per evitare «grattate» o impuntamenti.

      Cambio a Variazione Continua - CVT

      Il CVT è un cambio automatico che consente di passare dalla marcia più corta a quella più lunga attraverso una gamma infinita di rapporti intermedi E ANCHE DI CAMBIARE SOTTO CARICO. Rispetto ai cambi tradizionali (che nel 1999 può sostituire solo su vetture di potenza limitata, 100 kW circa, per incrementi successivi vedi oltre), migliora il confort di marcia perché non si avvertono strappi durante il passaggio da un rapporto all’altro. Per le auto il più diffuso è quello della Van Doorne, che si rifà al tipo (“Variomatic”) installato fin dagli anni Cinquanta sulle olandesi Daf (1958). Costruttivamente è più semplice di un automatico convenzionale; oltre al convertitore di coppia (ma ce ne sono anche a frizione) esso infatti è costituito da due pulegge con gole a «V», che si stringono o si allargano contemporaneamente, sotto l’azione di un cilindro idraulico (o di un motore elettrico), in modo da far variare il rapporto di trasmissione (fino a circa 6 volte, da 1/2 a 1/13 circa), e nelle quali si muove per attrito una cinghia trapezoidale, larga da 2 a 4 centimetri, che in passato era di gomma e che ora, invece, è costituita da un gran numero di sottili tasselli metallici (acciaio o alluminio) o da una catena. ECVT è un cambio CVT con gestione elettronica. La gestione elettronica ha permesso di presentare (Nissan, Audi e Subaru) il CVTip. Un altro tipo di CVT (detto toroidale) sviluppato da Nissan è costituito da due “semicarrucole” affacciate, una con l’asse motore e l’altra con l’asse di trasmissione. Una cinghia nella gola porta il moto da uno all’altro. La variazione di rapporto è ottenuta deformando progressivamente la cinghia in modo che il diametro su cui calza sulla semicarrucola motrice è diverso da quello su cui calza sulla semicarrucola condotta. Nei CVT la cinghia può essere tirata o spinta; nel primo caso essa è in fibre sintetiche (aramide ecc.) o è una vera e propria catena metallica, nel secondo caso è a tasselli metallici e necessita di un raffreddamento a bagno d’olio. Abbinato al motore c’è un convertitore di coppia o una frizione magnetica - frizione a dischi multipli a controllo elettronico per l’Audi - che abbina il motore a un rapporto fisso di trasmissione (in genere circa 2:1) poi, verso i 10 km/h il rapporto tra le pulegge supera quello fisso ed entra in funzione il CVT che va fino a un rapporto di circa 0,5:1. Attualmente sono gestiti elettronicamente, mentre in passato erano comandati utilizzando la depressione nel collettore di aspirazione e dal numero di giri del motore. Possono lavorare con coppie dell’ordine max. di 300 Nm (270 Nm, ZF, luglio 98 - 387 Nm, Nissan “Extroid”, 1999 - 310 Nm, Audi A4 e A6 “Multitronic”, 2001) ma nei prossimi anni, grazie all’apporto della gestione elettronica e al miglioramento convertitore di coppia o delle frizioni, dovrebbero raddoppiare le prestazioni. La Nissan ha messo a punto un sistema (Extroid CVT) che consiste in due dischi, uno di entrata e uno di uscita, in cui il moto rotatorio viene trasmesso tra i due attraverso rullini di trasmissione. Variando l’inclinazione dei rullini si varia la zona di contatto e quindi il rapporto di trasmissione. Permangono problemi di rendimento in quanto il cambio assorbe potenza agli alti regimi e con vettura ferma la pompa idraulica assorbe comunque una certa potenza, tuttavia la possibilità di far lavorare il motore nelle zone di massimo rendimento limita gli inconvenienti.

      CVTip

      Un cambio automatico CVT dove, tramite elettronica, si può abbinare una selezione manuale di rapporti fissi scalati col sistema Tiptronic (vedi cambio sequnziale meccanico). Realizzato da Porsche, potenzialmente permette di predisporre qualsiasi serie di rapporti, da inserire poi in modo sequenziale. Ad es. per una guida sportiva sarebbero selezionati rapporti piuttosto corti mentre per una economica il contrario. Il cambio potrebbe essere anche adattativo.


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      • #4
        Cambio adattativo (AGS) - DSP (Dinamishes Schaltprogramm)

        Adaptive Gearbox Shift, ovvero gestione «adattativa» di un cambio automatico. E’ un sistema che adegua continuamente l’innesto delle marce alle esigenze dell’automobilista e al suo stile di guida. Con le classiche gestioni di tipo idraulico e con molte di tipo elettronico, le cambiate non avvengono sempre in modo ottimale e, comunque, non possono adattarsi alle differenti caratteristiche di guida di ogni conducente. Per ridurre questo inconveniente è stato introdotto un interruttore che consente di selezionare il tipo di funzionamento preferito (di solito «economico» o «sportivo»), così da anticipare il passaggio al rapporto superiore o sfruttare tutto l’arco di utilizzo del motore, fino al regime massimo. Anche questa, comunque, non è la soluzione ottimale, perché è pur sempre un compromesso che non riesce a soddisfare tutte le esigenze. Per migliorare ulteriormente il funzionamento degli automatici è stato quindi sviluppato un controllo elettronico adattativo di tipo continuo (autoadattativo detto anche proattivo). I dati relativi alla rapidità del movimento del pedale dell’acceleratore, alla sua posizione e alla frequenza con cui si trova a fondo corsa o al minimo vengono rilevati e confrontati con alcuni parametri, tra i quali la velocità della vettura, la marcia inserita, l’accelerazione longitudinale e trasversale, il numero degli interventi sui freni, il regime termico del motore. Se per un certo tratto la centralina registra, per esempio, che l’acceleratore è rilasciato e contemporaneamente il guidatore frena frequentemente, l’elettronica AGS capisce che l’auto sta affrontando una discesa e quindi provvede a scalare marcia automaticamente. Altro caso è quando la centralina rileva un’accelerazione trasversale notevole, che corrisponde alla percorrenza di una curva. Con un automatico convenzionale se il guidatore toglie gas avviene il passaggio al rapporto superiore, con il rischio di destabilizzare l’assetto, mentre con il controllo adattativo viene evitata l’inutile cambiata. Altra situazione di guida nella quale l’autoadattativo mostra la sua utilità è nei sorpassi. Per scalare marcia rapidamente con un automatico tradizionale occorre premere a fondo l’acceleratore (operazione detta «kick-down»), con un AGS, invece, la scalata viene effettuata appena si preme molto rapidamente il pedale, senza dover schiacciare a tavoletta. Inoltre, qualora il guidatore dovesse interrompere il tentativo di sorpasso rilasciando bruscamente l’acceleratore, l’elettronica autoadattativa capisce che non deve innestare il rapporto superiore ma mantenere la marcia opportuna per la successiva accelerazione. Il cambio è anche correlato da sensore che avverte che la vettura è in discesa (che è poi come quando decelera) e anche in questo caso le marce inferiori vengono lasciate in funzione di sfruttare il freno motore.

        Cambio manuale automatizzato

        Consente cambi di marcia velocissimi, perché viene azionato non dai tradizionali leveraggi, ma da pulsanti o levette collegate ad una centralina elettronica che comanda appositi «attuatori» elettrici o idraulici (“by wire”). Le prime applicazioni, a partire dal 1988, hanno riguardato le monoposto di «formula 1». La Magneti Marelli ha messo a punto un sistema, chiamato «Selespeed», che può essere montato anche su vetture di serie dotate di un normale cambio sincronizzato o a innesti frontali. I vantaggi consistono nella massima rapidità di cambiata e nell’eliminazione di qualsiasi sforzo sulla leva, che può essere sostituita da pulsanti o da un «joystick». Le migliori prestazioni si hanno abbinando l’automazione del cambio a quella della frizione e utilizzando una farfalla motorizzata che gestisce, sempre automaticamente, la potenza del motore durante i cambi di marcia senza obbligare il guidatore a sollevare il piede dall’acceleratore (cambio robotizzato).

        Cambio meccanico robotizzato

        In funzione del loro minor costo rispetto ai cambi automatici epicicloidali, trovano impiego cambi del tipo di quelli manuali dove però gli innesti e la scelta dei rapporti sono tutti guidati dall’elettronica e quindi manca il pedale della frizione e la leva tradizionale del cambio (ce n’è una come quella dei cambi automatici). Ciò grazie a un’elettronica funzionale alle esigenze della motricità e delle intenzioni del pilota . I comandi possono essere idraulici (Magneti Marelli, BMW, Getrag, Sachs) oppure elettrici (Valeo) e allora è essenziale il contributo di un alternomotore per l’avviamento e fornitura di energia. Dal 2000 sono in commercio col nome di Quickshift ( RenaultTwingo) oppure Selespeed (Ferrari, Fiat, Alfa e Mercedes) e hanno tutte le operazioni eseguite in automatico da attuatori elettrici o idraulici comandati da elettrovalvole. Il guidatore, mentre conduce, ha a disposizione la funzione “drive” e/o la selezione manuale (es. Opel Easytronic) e anche la funzione sequenziale.

        Cambio semiautomatico

        Con una trasmissione di questo tipo viene eliminato il pedale della frizione, ma è il guidatore a scegliere e a innestare manualmente le marce, al contrario di quanto avviene con un cambio automatico. Se ne conoscono tre tipi. 1) Abbinato alla trasmissione automatica e in alternativa ad essa, è un cambio sequenziale automatico. 2) La frizione automatica o automatizzata dove spostando la leva di un normale cambio manuale si aziona un servomeccanismo che apre la frizione. 3) Il cambio sequenziale meccanico propriamente detto, che aziona frizione e cambiate in sequenza in risposta ai comandi di un leveraggio o di bottoni di salita e scalata.

        Cambio sequenziale automatico

        Cambio automatico, utilizzato da Porsche, BMW (che lo chiama Steptronic) e Audi (che lo chiama Tiptronic), dotato di un’elettronica di gestione particolarmente raffinata. Può essere usato come un cambio meccanico di tipo sequenziale semplicemente spostando la leva del selettore su una griglia affiancata a quella convenzionale. Ad ogni impulso sulla leva (in avanti o indietro) si ottiene il passaggio al rapporto superiore o a quello inferiore. L’elettronica permette di gestire il bloccaggio del convertitore di coppia e le cambiate in modo confacente alla guida sportiva, riducendo gli slittamenti e impedendo i cambi di marcia in curva e in tutte le altre situazioni in cui sarebbero in contrasto con le intenzioni del guidatore.

        Cambio sequenziale meccanico

        Di derivazione motociclistica, e abbinato a una frizione automatica, è più rapido e facile da usare di un cambio tradizionale: spingendo avanti la leva si inserisce la marcia inferiore, tirandola indietro si seleziona il rapporto superiore (o viceversa). Può consistere anche in due levette poste dietro il volante, una per salire e una per scalare, manovrabili senza staccare le mani dal volante. Recentemente ha trovato crescente diffusione sulle vetture da competizione, in particolare dalla stagione 1994 sulle «formula 1» (dopo la proibizione dei cambi automatizzati) e sulle «Superturismo». Con un «sequenziale», sia in scalata sia in salita si deve passare attraverso tutte le marce, non essendo possibile, come anche sulle motociclette, saltare un rapporto. Per ovviare a questo comportamento, che potrebbe essere fastidioso per chi non avesse velleità sportive, il centro ricerche Porsche di Weissach ha messo a punto un cambio sequenziale, chiamato «Quickshift», dotato di un servomotore che consente di scalare immediatamente fino alla prima marcia quando si sposta lateralmente la leva del selettore. Stesso effetto col cambio “sequentronic” della Mercedes. In un cambio sequenziale meccanico ad ogni colpetto in avanti o in dietro della leva si fa ruotare un tamburo selettore, posto parallelamente ai due alberi porta ingranaggi, che ha incise delle scannellature (cave sagomate). Queste hanno un grano che fa da guida per delle forcelle che, di conseguenza si muovono assialmente e spostano i sincronizzatori montati (ovviamente) sull’albero che porta gli ingranaggi folli, rendendone solidale uno alla volta, corrispondentemente alla marcia inserita.

        Camera di combustione

        E’ lo spazio che rimane all’interno del cilindro quando il pistone raggiunge il punto morto superiore, ossia la posizione più lontana dall’albero motore. La sua configurazione influisce sul consumo di combustibile, sulla quantità di emissioni inquinanti e sulla potenza erogata. Le temperature raggiunte in una camera di combustione di un motore AS a due tempi sono dell’ordine dei 2.800°C (30 bar) e in uno AS a quattro tempi dell’ordine di 3.000°C (50 bar). Nei motori a iniezione diretta (GDI) di benzina l’iniettore spruzza con pressioni da 80 a 130 bar per immettere carburante nella camera di scoppio. Al fine dell’adiabaticità la candela (o l’iniettore) dovrebbe essere centrale e la forma della camera sferica per avere il minor percorso di fiamma, cioè i tempi minimi di permanenza della miscela incombusta. Tuttavia agli altissimi numeri di giri attuali, con forti angoli di incrocio e alto RC, si tende piuttosto a stratificare la miscela attorno alla candela e a studiare condotti particolari per avere la giusta velocità di combustione.

        Campanatura

        E’ l’angolo d’inclinazione delle ruote allineate al senso di marcia rettilineo, rispetto a un piano verticale al terreno. La campanatura può essere positiva (viste frontalmente le ruote appaiono «aperte» verso l’alto) o negativa («aperte» verso il basso). Per la stabilità della vettura, essa non dovrebbe passare da negativa a positiva durante il movimento della sospensione dovuto al molleggio. Una buona soluzione è che sia nulla nella posizione di riposo e leggermente negativa durante la compressione della sospensione.


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        • #5
          Candela

          Accende la miscela nella camera di combustione dei motori a benzina scoccando una scintilla quando tra i due suoi elettrodi si stabilisce una differenza di tensione che varia da 10.000 a circa 20.000 volt in funzione lineare della pressione nella camera di scoppio (da 3 a 12 kg/cm3 circa). L’elettrodo centrale e la parte connessa ai cavi ad alta tensione sono collegati da un materiale conduttore sigillante e sono collocati all’interno di uno speciale corpo ceramico (Al2O3). L’elettrodo di massa è saldato al corpo metallico della candela. I materiali degli elettrodi sono di solito leghe di nickel (con cromo e ittrio, ad es.), tuttavia anche argento, platino e iridio (il metallo più resistente agli agenti chimici e dal peso specifico più elevato dopo l’osmio, fonde a 2443°C) vengono utilizzati in casi particolari. Un nucleo centrale di rame migliora decisamente le scarse doti di conduzione di calore dell’elettrodo di nichel. Le candele sono prodotte con differenti «gradazioni termiche» (grado termico) perché devono essere utilizzate su motori che sviluppano differenti quantità di calore nelle loro camere di combustione. Gli elettrodi e l’isolante si attestano su temperature medie di funzionamento che dipendono dalla potenza erogata dal motore. Il «naso» dell’isolante ceramico (la parte bianca che circonda l’elettrodo centrale) dovrebbe sempre mantenersi a temperature comprese fra 400 e 850 °C. Infatti i 400 °C sono la cosiddetta «temperatura di autoalimento della candela», perché consente di bruciare o di modificare la composizione chimica delle sostanze carboniose, dei composti di piombo e della fuliggine che si depositano sull’elettrodo. Quando il motore funziona al minimo o gli viene richiesta poca potenza (marcia in città, in discesa ecc.), la temperatura dell’elettrodo spesso scende sotto i 150 °C e la candela può funzionare regolarmente (per un periodo non troppo lungo) solo se la quantità di olio lubrificante che entra nella camera di combustione non è eccessiva e se la miscela aria-benzina non è troppo «ricca». Al contrario, la temperatura di 850 °C non dovrebbe mai essere superata perché intorno ai 900 °C si può manifestare il rischio di autoaccensioni (la miscela aria-benzina si accende da sola prima che scocchi la scintilla).

          Canister

          Dispositivo antinquinamento consistente in un contenitore con filtro a carboni attivi che raccoglie i vapori di benzina provenienti dal serbatoio quando si lascia la vettura parcheggiata ad alta temperatura. Una volta condensati, questi vapori vengono inviati all’impianto di aspirazione del motore per essere bruciati all’interno della camera di combustione. Soprattutto negli Stati Uniti vi sono state polemiche sulla possibile pericolosità del canister in caso di incidente per l’infiammabilità dei vapori di benzina che esso contiene. Le vetture diesel non necessitano di questo dispositivo.

          Canna o camicia

          Parte del basamento motore (detta anche canna cilindro) nella quale scorre il pistone. Per evitare che il pistone non sia adeguatamente lubrificato (e che quindi possa grippare durante le prime ore di funzionamento) si ricorre alla «grigiatura», ossia alla realizzazione sulla superficie del cilindro di due finissime serie di solchi incrociati inclinati fra loro di 120° nei quali si raccoglie il lubrificante creando un velo sul quale scorre il mantello del pistone. Si fanno anche trattamenti superficiali speciali a base di nichel-silicio per ridurre gli attriti (attualmente Jaguar, Yamaha e Ford). Oltre alle canne ricavate nella fusione del blocco (“integrali”) esistono anche quelle “riportate” cioè amovibili. Esse possono essere in acciaio o in alluminio e montate inserendole nei cilindri per interferenza o incorporate in fusione, dette “a secco” oppure inserite a contatto con l’acqua di raffreddamento e si dicono “umide” o “a bagno”. Vedi anche open e closed deck.

          Cappello

          Elemento smontabile che alloggia generalmente delle bronzine ed entro cui perciò ruota un perno. Pertanto esiste, ad esempio, un cappello di biella (che fa parte della testa di biella) e un cappello di banco, entro cui ruota un perno di biella dell’albero motore.

          Carburatore

          Componente dell’impianto di alimentazione di un motore a benzina preposto alla formazione della miscela aria-combustibile e alla sua dosatura. Attraverso la valvola a farfalla, su comando dell’acceleratore, regola l’erogazione della potenza. Tale regolazione avviene modificando la quantità (in peso) della miscela inviata ai cilindri e tenendo pressoché costante la proporzione aria-carburante. Allo schema base del carburatore, che comprende la vaschetta a livello costante, il diffusore (se sono più di uno, per le varie condizioni di funzionamento, si parla di "doppio corpo” o “compound", "triplo corpo" ecc.) , il getto e la valvola a farfalla, si aggiungono dispositivi che hanno il compito di consentire la partenza a freddo, il funzionamento regolare al minimo (secondo getto, a valle della farfalla) e le rapide accelerazioni. La vaschetta a livello costante impedisce che il flusso della benzina sia influenzato dal movimento e dalla posizione della vettura. La costanza del livello è ottenuta con un galleggiante che apre o chiude il foro di entrata della benzina per mezzo di una valvola a spillo. Il diffusore è dotato di una strozzatura (detta tubo di Venturi), posta in corrispondenza dell’ugello, e che serve per generare la depressione necessaria per aspirare attraverso tale foro il carburante che entrerà poi nei cilindri, opportunamente miscelato con l’aria. La zona a valle della strozzatura, fino alla valvola d’aspirazione, è quella in cui si realizza la perfetta nebulizzazione della miscela. L’ugello, detto getto, è collocato a un livello superiore a quello in cui si trova la benzina nella vaschetta. La quantità di benzina che fuoriesce è determinata dal diametro del getto, costituito generalmente da una piccola vite con un foro calibrato, la cui misura è espressa in centesimi di millimetro. Variando il diametro del getto si può arricchire o impoverire la miscela (ossia aumentare o ridurre la quantità di benzina rispetto a quella di aria) modificando, entro ristretti limiti, le prestazioni e i consumi del motore. La valvola a farfalla è inserita nella tubazione a valle del diffusore e consente di variare la coppia del motore modificando il peso della miscela inviata ai cilindri.

          Carburatore a controllo elettronico

          Sistema costituito da un carburatore tradizionale di tipo semplificato e da dispositivi elettronici che consentono di gestire il segnale proveniente dalla sonda Lambda e di far funzionare correttamente il catalizzatore. Ha avuto una certa diffusione quando hanno cominciato ad essere utilizzate le marmitte catalitiche, poi è stato quasi del tutto soppiantato dall’iniezione elettronica. Carburatori di questo tipo sono prodotti quasi esclusivamente da Case giapponesi e sono stati impiegati per questioni economiche e di intrinseca affidabilità su vetture poco costose e di piccola cilindrata, come la Fiat «Cinquecento 700», la Maruti «800», la Suzuki «Swift» e la Honda «Civic 1300». Il carburatore di base provvede alle funzioni primarie: minimo, progressione, massimo. Un dispositivo elettropneumatico aggiuntivo provvede poi a modificare il rapporto A/F ossia il titolo della miscela, arricchendola o smagrendola secondo le necessità di funzionamento del motore e del catalizzatore in base ai segnali che la centralina riceve dai sensori di temperatura del liquido di raffreddamento e/o dell’aria aspirata dal motore e secondo la posizione dell’acceleratore. In caso di guasto elettrico o elettronico il sistema torna ad essere un normale carburatore che consente di continuare la marcia anche se con prestazioni ridotte.

          Carter secco

          Circuito di lubrificazione con un serbatoio per l’olio separato dal motore. Il carter secco (cioè’ senza olio) consente di ridurre l’altezza del propulsore, di aumentare il quantitativo d’olio e garantisce il perfetto pescaggio del lubrificante in tutte le condizioni. Servono due pompe, di mandata e di recupero dell’olio che cade sul fondo del motore.


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          • #6
            Catalizzatore

            Nel mondo dell’automobile è sinonimo di marmitta catalitica, un dispositivo che elimina dai gas di scarico oltre il 90% delle emissioni attualmente considerate inquinanti: idrocarburi incombusti (HC), ossidi di carbonio (CO) e di azoto (NOx). Più in generale, il catalizzatore è una sostanza impiegata per facilitare o determinare reazioni chimiche (alle quali non partecipa) che senza di essa non avverrebbero o si svolgerebbero con considerevole lentezza. I catalizzatori montati sulle automobili sono blocchi di ceramica solcati internamente da innumerevoli minuscoli canali (nei quali passano i gas di scarico) rivestiti da materiali «attivi» (palladio e platino principalmente, ma non esclusivamente, per gli HC e i CO e rodio principalmente per gli NOx) che consentono le reazioni chimiche capaci di trasformare le sostanze inquinanti in altre meno nocive. La superficie interna delle canalizzazioni è superiore a quella di un campo di calcio, pur essendo rivestita con pochissimi grammi di platino (14 dollari/gr), palladio e rodio (quest’ultimo assai costoso). La marmitta catalitica a tre vie o trivalente, è così definita perché consente di eliminare CO, HC e NOx, purché gli elementi chimici siano presenti nelle proporzioni giuste. Ci sono anche marmitte più semplici: le ossidanti (eliminano solo CO e HC) e le riducenti (trasformano solo gli NOx). Tutti i catalizzatori vengono danneggiati nel giro di poche decine di chilometri se si utilizza benzina con piombo, perché il piombo danneggia le funzioni dei metalli rari; anche le mancate accensioni, portando miscela incombusta nel catalizzatore, lo distruggono a causa delle elevate temperature ivi raggiungibili in conseguenza del fatto che la miscela brucia nella marmitta stessa. Anche lo zolfo è una presenza indesiderata nei combustibili perché riduce l’efficacia dei catalizzatori. Perché il catalizzatore funzioni deve raggiungere una temperatura di almeno 250°C; la condizione ottimale è tra 400 e 800°C, oltre i 1000°C si distrugge fondendo. Il campo di utilizzo ottimale è destinato ad estendersi col progredire della ricerca. Nelle partenze a freddo è dunque importante il tempo trascorso dall’avviamento alla entrata in temperatura del catalizzatore, tempo in cui non vi è abbattimento delle emissioni.

            CBR (Controlled Burn Rate)

            Sistema di combustione che permette la realizzazione di carica stratificata senza ausilio di iniezione di carburante, adatto a motori di piccola cilindrata (ciclomotori). Sono motori a quattro tempi dotati di tre valvole e realizzati in modo che la miscela affluisca dapprima attraverso una sola delle due valvole di immissione per creare il movimento adatto alla stratificazione.

            Centralina elettronica

            E’ un vero e proprio microcalcolatore che, in base a una serie di istruzioni in esso memorizzate (la cosiddetta mappatura) e alle informazioni ricevute da vari sensori, è in grado di controllare le più disparate funzioni della vettura. Inizialmente le centraline elettroniche sono state utilizzate soprattutto per determinare l’anticipo d’accensione e la quantità di benzina iniettata (iniezione). Gli impianti più evoluti (Bosch Motronic) hanno una sola centralina per accensione e iniezione: regola i tempi di iniezione, gli anticipi di accensione, l’avviamento a freddo e l’arricchimento in accelerazione il cut off e il limite di fuorigiri e la farfalla dell’acceleratore (motorizzata) al regime di minimo e l’inserimento di una eventuale seconda elettroventola. I sensori sono quello di massa d’aria aspirata e della sua temperatura, di giri, del pedale dell’acceleratore della temperatura del liquido refrigerante, della detonazione e la sonda lambda. Allo stato attuale le centraline “elaborate” da montare al ricambio, garantiscono un aumento di potenza attorno al 3 - 5 % negli aspirati e del 10 % nei turbo a benzina (aumento della pressione del turbo di 0,1 bar). Non disponibili per i diesel. Ad esempio la centralina di un motore diesel “common rail” riceve informazioni da: - batteria (riceve alimentazione) - tachimetro - sensore di giri - sensore di fase - sensore di sovarppressione (nel caso di turbo) - sensore temperatura combustibile - sensore temperatura motore - debimetro - sensore pressione combustibile - interruttori pedali freno e frizione - potenziometro pedale acceleratore - centralina candelette la centrlina contemporaneamente emette comandi conseguenti per: - spia iniezione - modulatore EGR - compressore A/C - pompa combustibile - spie cruscotto (temp. acqua e candelette) - candelette prerisc. - elettroiniettori Inoltre è dotata di una presa per la diagnosi.

            Cilindrata - displacement

            Volume generato dal pistone durante il suo passaggio dal punto più alto (punto morto superiore) a quello più basso (punto morto inferiore) moltiplicato per il numero dei cilindri. Si esprime in cm3 o in litri (1 litro = 1 dm3 = 1000 cm3). Noti la corsa e l’alesaggio in cm, la cilindrata in cm3 è: (n°cilindri) x (corsa) x (alesaggio)2 x (3,14) : 4

            Cilindri

            Elementi del monoblocco che contengono le canne o camicie entro cui scorrono i pistoni. Dalla loro disposizione, il motore si può definire a "cilindri in linea", "cilindri a V” (vedi), “a W” "cilindri contrapposti" e l’architettura del monoblocco può dirsi “open” o “closed deck”.

            Cilindri contrapposti

            Disposizione adottata su un particolare tipo di motore, nello schema più comune definito «boxer» (una manovella per ogni biella, in modo che i pistoni a coppie si allontanano o si avvicinano contemporaneamente da lati opposti all’albero motore), caratterizzato dal fatto che il moto dei pistoni avviene in un unico piano e i cilindri sono orientati alternativamente verso parti opposte. Rispetto ai motori in linea o a V , il propulsore a cilindri contrapposti (che poi è un V di 180°) ha il vantaggio di una miglior equilibratura (solo momenti del 2°ordine non bilanciati) e di conseguenza trasmette meno vibrazioni alla scocca. Inoltre, grazie al minore ingombro verticale (oltre che, ovviamente longitudinale), consente di ottenere una posizione più bassa del baricentro migliorando il comportamento dinamico della vettura. Fra gli svantaggi: la più complessa sistemazione dei condotti d’aspirazione e di scarico, la difficile accessibilità delle candele e la maggiore larghezza del motore, che può creare problemi d’interferenza con le sospensioni. Il maggior costo di costruzione e di assemblaggio (vi sono due teste e due sistemi di distribuzione) e la tendenza a disporre trasversalmente il gruppo motore-cambio stanno determinando la progressiva scomparsa di questi propulsori sulle vetture più economiche a trazione anteriore. Le applicazioni più diffuse sono state quelle sulle Alfa Romeo «Alfasud» e «33», Citroën «2 CV» e «GS», Lancia «Flavia» e Volkswagen «Maggiolino». Attualmente è utilizzato sul alcune Alfa Romeo «145» e «146», sulla Ferrari «F512 M», sulle Porsche «911» e “Boxster” e sulle Subaru «Impreza», «Legacy» e «SVX».

            Cinghia trapezoidale

            E’ di gomma, con rinforzi interni che ne impediscono l’eccessivo allungamento, ed è così chiamata perché ha una sezione trasversale a forma di trapezio con le due pareti laterali a contatto con una puleggia avente gole profilate a «V». E’ utilizzata dove non è necessaria l’assenza totale di slittamenti fra cinghia e pulegge: comando della pompa dell’acqua, dell’alternatore e del compressore del condizionatore. Per un buon funzionamento e una lunga durata, deve essere sempre sufficientemente tesa.

            [To Be Continued]


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            • #7
              Common Rail

              Sistema d’iniezione del gasolio e del benzina che, similmente a quanto accade per i motori a iniezione di benzina tradizionali, dove però la pressione è solo di pochi bar, vedi elettroiniettore), si avvale di una pompa elettrica ad alta pressione (da 1.000 fino a oltre 1.500 bar-raggiungerà 1.800 bar con gli iniettori piezoelettrici) e di un unico condotto (rampa comune = common rail oggi anche sferica per regolarizzare la pressione) per collegare la pompa stessa a tutti i singoli iniettori ELETTROMAGNETICI o piezoelettrici (nuova generazione Bosch, più efficienti) comandati elettronicamente individualmente per l’instante di inizio e la durata dell’iniezione e con ugelli piccolissimi ( fino a 7 per iniettore, grandi meno di 200 micron - 0,2 mm - per una grande polverizzazione). Nei diesel convenzionali invece è la velocità di rotazione del motore che regola la pressione agli iniettori e inoltre pressione e iniezione sono vincolate: cioè la pressione sale e contemporaneamente avviene l’iniezione. Vantaggi del common rail: possibilità di iniezioni multiple, alta pressione anche ai bassi regimi, grande polverizzazione e dispersione del combustibile e conseguente aumento della coppia (può persino raddoppiare) e riduzione della rumorosità agli iniettori (con una preiniezione), tipica dell’iniezione diretta del Diesel e riduzione dei consumi e delle emissioni. Inoltre libertà di posizionamento e dimensione degli iniettori permettono collocazione ottimale degli stessi e delle valvole (alberi a camme in testa, ecc.), infine allontanamento dei fenomeni di “colpo d’ariete” verificabili nei lunghi condotti individuali che vanno dalla pompa agli iniettori; la pompa di alimentazione del rail richiede una coppia abbastanza ridotta.Il fumo del diesel è generato soprattutto quando fluttua la pressione di iniezione cioè in particolare durante i cambi marcia, quando, con le pompe tradizionali il motore sale e scende di giri: col common rail la pressione rimane costante. Inoltre iniettando una prima quantità pilota di preriscaldamento (meno di un milligrammo in alcune decine di microsecondi) e una seconda principale, si ottiene la riduzione del rumore. E’ in realizzazione anche una post-iniezione per alimentare il catalizzatore e ridurre gli NOx. Comunque si possono fare anche iniezioni multiple (Multijet) per migliorare consumi, emissioni e rumorosità a tutti i regimi e con consistente aumento della pressione media effettiva. Il common rail può essere installato anche sui motori già esistenti col sistema tradizionale.Il common rail è anche il sistema previsto per l’iniezione diretta della benzina, con pompa da 50 a 150 bar.La centralina elettronica di comando (possono essere 2 uguali: master e slave) riceve informazioni da: regolatore di pressione, pompa di alimentazione (che alimenta a bassa pressione -10 bar- la pompa di alta pressione), sensore di acceleratore, sensore di regime motore (dalla corona dentata del volano), sensore di posizione delle camme, sensore di pressione del combustibile, sensore di temperatura del gasolio, sensore di temperatura dell’acqua, sensore di temperatura dell’aria immessa e sensore di pressione di sovralimentazione (per conoscere la massa d’aria aspirata). E’ il sistema CRS (Common Rail System). Dal punto di vista ecologico la possibilità di polverizzare il combustibile e iniettarlo in più fasi (preiniezione o iniezione pilota per l’innesco, iniezione e postiniezione per la riduzione degli Nox e per il partcolato, vedi filtro attivo anti-particolato) consente di avere, rispetto a un Diesel tradizionale a pompa meccanica, il 20% in meno di CO2, il 40% in meno di CO, il 50% in meno di HC il 60% in meno di ceneri e il 50% in meno di potenziale di formazione di ozono. La pompa consuma fino a 3 kW.La presenza di eventuale acqua nel gasolio danneggia rapidamente gli iniettori del common rail per cui è assolutamente necessario evitarla con speciali filtri CHE RISULTINO attivi anche alle alte portate necessarie per il raffreddamento del collettore di alimentazione.

              Compressore Volumetrico

              Dispositivo di sovralimentazione, collegato all’albero motore tramite una cinghia o una catena, che spinge l’aria nei collettori d’aspirazione con lobi, palette, viti o profili a chiocciola (spirale). Molto usati in passato, ma anche ora (2001 Mercedes, Mini ecc.) i compressori volumetrici assorbono potenza meccanica e per questo hanno un rendimento inferiore a quello garantito dai turbocompressori, di più frequente utilizzazione sulle attuali vetture a benzina o a gasolio, ma danno una risposta più pronta e regolare. Di solito portano la pressione fin quasi a 3 bar assoluti (+ 2 bar). Col compressore si usano ridotti valori di rapporto di compressione nel motore, a causa dell’elevata temperatura di esercizio: attorno a 8 anziché attorno a 10. Di solito hanno a valle un intercooler per ridurre la temperatura e quindi aumentare la densità dell’aria. Nati per l’aviazione allo scopo di compensare il calo di densità dell’aria (-50% a 5.000 m) hanno avuto grande diffusione nelle competizioni. Essi pompano un volume d’aria costante ad ogni ciclo e quindi la portata varia linearmente con la velocità di rotazione del motore. Possono essere alternativi, a lobi (Roots, modernizzato da Eaton, il più diffuso in campo automobilistico), a palette (Centric, Zoller, Cozette ecc.) a pistone rotante a spirale (G-Lader) o a vite. Sono di due famiglie; le “pompe” che trasferiscono il fluido senza comprimerlo (non hanno restringimenti interni) e i compressori che già nel loro interno eseguono una forte compressione. I compressori sono generalmente scollegati tramite giunto elettromagnetico e valvola by-pass quando non è richiesta potenza.

              Condotti a Geometria Variabile

              Alcune vetture hanno un impianto che adatta la lunghezza dei condotti di aspirazione in funzione della situazione operativa del motore. Ai regimi medi e bassi la lunghezza aumenta per ottenere una coppia migliore mentre a quelli alti diminuisce per avere una potenza più elevata. Attualmente, quelli moderni sono in materiale sintetico.

              Convergenza

              E’ l’intenzionale orientamento delle ruote di uno stesso asse in modo che non siano perfettamente parallele, al fine di migliorare la stabilità della vettura compensando in parte gli angoli di deriva dei pneumatici. Viene misurata in millimetri (più raramente in gradi) rilevando le distanze fra le ruote in corrispondenza delle estremità posteriore e anteriore sul diametro orizzontale del cerchio. La prima misura viene sottratta alla seconda: quindi il valore risulta positivo quando la parte anteriore della ruota è inclinata verso il centro dalla vettura. Con valori negativi si parla anche di divergenza (toe out).


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              • #8
                Convertitore di Coppia

                Macchina idraulica, a circolazione d’olio, utilizzata nei cambi automatici, che trasmette la potenza fra due alberi coassiali in modo variabile, modificando la coppia e il regime di rotazione. Funziona come una frizione e come una specie di cambio a infiniti rapporti (in un campo di valori però molto ristretto, poiché è in grado al massimo di triplicare la coppia motrice). Un inconveniente del convertitore di coppia è che la trasmissione di potenza comporta sempre un certo slittamento (indispensabile per le partenze da fermo) fra le due parti principali che lo costituiscono (quella collegata al motore si chiama pompa e quella collegata al cambio turbina) e questo determina perdite di potenza e una risposta meno pronta ai comandi dell’acceleratore. I cambi automatici più moderni utilizzano convertitori di tipo bloccabile ( dotati di “lock up”): quando vengono inserite la seconda, la terza e la quarta marcia, la potenza è trasmessa direttamente con una frizione dalla “pompa” (girante conduttrice) alla “turbina” (girante condotta - saltando l’elemento interposto detto “reattore” o “statore”) ed eliminando così le perdite derivanti dallo slittamento interno. In definitiva il convertitore di coppia è composto da tre elementi:- la pompa, collegata al motore, che mette in moto l’olio- la turbina, collegata alla trasmissione, che è mossa dall’olio- lo statore, fermo ma dotato di palette mobili, regola il flusso dell’olio tra i primi due. La coppia trasmissibile tramite il convertitore di pende in ragione cubica dalle dimensioni, (cioè dal volume) per cui raddoppiando lunghezza, larghezza e profondità si ottiene di trasmettere una coppia che è circa 8 volte (23=8).

                Coppia

                Viene così definita la grandezza (detta anche “momento”) che serve per far ruotare o torcere un albero operando con una forza, ovviamente piazzata distante dall’asse dell’albero (distanza = braccio della forza), altrimenti lo farebbe flettere e non ruotare. Numericamente vale il prodotto della distanza tra albero e forza per il valore della componente della forza perpendicilare all’albero e alla distanza. Quella erogata da un motore (coppia motrice o in altri termini, meno scientifici, la “spinta del motore”) non è costante, ma è il risultato della forza esercitata dalla pressione dei gas sul cielo del pistone durante la combustione e della posizione della manovella. La vecchia unità di misura della coppia, era il chilogrammetro (kgm), che indicava l’azione esercitata dalla forza di un kg applicata a un metro di distanza dall’albero e perpendicolarmente al suo asse. Con le nuove unità di misura la coppia viene espressa invece in newtonmetri (Nm), che sono 9,81 volte più piccoli rispetto al kgm. La potenza è strettamente dipendente dalla coppia e fra le due grandezze vi è il seguente legame: potenza (W) = coppia (Nm) x velocità di rotazione (rad/s). Ad esempio il motore «Fire» della Fiat «Punto 55» fornisce una coppia massima di 85 Nm a 3500 giri/min (pari a 366 rad/s): a quel regime di rotazione eroga una potenza di 85 x 366 = 31.110 W = 31,1 kW (pari a 42,3 CV). Essa non è la potenza massima in quanto il prodotto (coppia x velocità di rotazione) raggiunge il suo massimo valore a un regime di rotazione ben più alto, molto prossimo al valore massimo di giri ammesso: 40 kW a 5.500 giri/min.Un buon motore aspirato alimentato a benzina ha attualmente una coppia massima, misurata in Nm, numericamente pari a circa la cilindrata (espressa in cm3) diviso 10: formula empirica. Conversione dalle unità inglesi a quelle del sistema internazionale:1 lb x ft = 1,36 Nm.

                Coppia Conica

                E’ il paio (da cui "coppia") di ingranaggi che, grazie alla inclinazione dei denti, permette di ruotare di 90° il movimento rotatorio. Tipica quella del differenziale di una trazione posteriore o di una vettura con motore in linea, dove il movimento rotatorio deve passare dall'albero longitudinale di trasmissione ai semiassi, che sono trasversali. Se l'albero di trasmissione non è centrato rispetto al differenziale (cioè è più basso o più alto) si parla di coppia conica ipoide e nel funzionamento c’è un leggero scorrimento longitudinale tra i denti. Quanto ai denti degli ingranaggi di pignone e corona, se essi sono inclinati rispetto all’asse di rotazione (ciò che è inevitabile nella coppia ipoide) si parla di coppia conica elicoidale, che assicura silenziosità di funzionamento.

                Coppia Specifica

                Valore della coppia rapportato all’unità di cilindrata, quest’ultima espressa in litri. Per le vetture di serie a benzina un valore elevato di riferimento è di 100 Nm/litro. Per le vetture diesel sovralimentate si ottengono valori attorno a 150 Nm/l.

                Corpo Farfallato

                Collocato nel condotto di aspirazione dei motori a benzina, è il gruppo che contiene la farfalla di alimentazione e ha il delicato compito di modulare la quantità di miscela (o di aria nel caso di motori a iniezione - l’iniettore a valle spruzza la corrispondente quantità di benzina per avere la miscela giusta) da inviare al motore. Nei motori moderni, il pedale dell’acceleratore muove solo un resistore variabile che manda un segnale al computer. Esso apre la valvole a farfalla e dosa i carburante necessario (nella proporzione usuale di circa 1/15 ripstetto all’aria, in peso): dive by wire.

                Corsa

                E’ il valore, espresso in millimetri, dell’escursione del pistone nel cilindro dal punto più basso (chiamato punto morto inferiore) al punto più alto (punto morto superiore).


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                • #9
                  Deportanza

                  E’ la forza aerodinamica che spinge il veicolo verso il suolo aumentandone l’aderenza e la stabilità. Il carico verticale provocato dagli alettoni di una «formula 1» alla massima velocità può equivalere al triplo del peso della vettura. L’alettone posteriore della “Posche turbo” consente alla velocità massima (circa 300 km/h) un carico aggiuntivo sull’asse motore di qualche chilo, in altri termini annulla la portanza.

                  Differenziale

                  E’ un dispositivo meccanico che riceve il moto da un albero e lo ripartisce su altri due. Ad esempio, il differenziale classico riceve il moto da un albero che esce dal cambio e, tramite i semiassi, lo trasmette alle ruote consentendo loro, all’occorrenza, di girare a velocità differenti per percorrere traiettorie di diversa lunghezza. La sua utilità è evidente quando si pensi a cosa accadrebbe se le ruote motrici fossero collegate rigidamente, cioè obbligate ad avere la stessa velocità: poiché in curva quella interna compie un tragitto più corto di quella esterna, una delle due (o entrambe) striscerebbe sul terreno, con grave danno per la durata dei pneumatici e per la tenuta di strada. I normali differenziali ripartiscono la coppia motrice tra le due ruote in modo uguale (quindi, se una slitta per mancanza di aderenza neppure l’altra riesce a trasmettere potenza), anche se in realtà i valori sono leggermente differenti a causa degli attriti interni fra i vari ingranaggi. Vi sono però anche differenziali (gli epicicloidali) che dividono la coppia in modo diverso tra i due alberi in uscita. Sono utilizzati, per esempio, per ripartire la potenza fra avantreno e retrotreno delle vetture a trazione integrale, quando si vuole una prevalenza di coppia su uno dei due assi. Alcune vetture hanno dispositivi che bloccano il differenziale (completamente, oppure fino a un determinato limite), perché la ruota in buone condizioni di aderenza sia In grado di spingere la vettura anche se l’altra è su fondo estremamente scivoloso. Un bloccaggio al 25% (è un valore abbastanza comune, aumentabile fino al 40%) significa che tra le due ruote motrici si può instaurare fino a una una differenza del 25% di tutta la forza destinata alla trazione prima che SI ARRIVI AL PATTINAMENTO. Un bloccaggio del 100% significa che il 100% della forza di trazione può andare sulla ruota nelle migliori condizioni di aderenza. Se comunque si supera il limite di aderenza entrambe le ruote pattinano il che porta a violenti sovrasterzi nella trazione posteriore. Il bloccaggio del differenziale è ottenibile con elementi di frizione (dischi, coni, forma degli ingranaggi, fluidi ad alta viscosità) oppure con una gestione elettronica che fa intervenire i freni e poi agisce sull’alimentazione del motore per impedire il pattinamento.

                  Differenziale Attivo

                  Sistema che distribuisce in modo differenziato la coppia tra i due semiassi in uscita dal differenziale. In pratica due frizioni a comando elettroidraulico e a gestione elettronica variano la distribuzione della coppia in funzione stabilizzante (quando la centralina è allertata da sensori di imbardata) o di trazione (centralina allertata da sensori di aderenza ABS) o di tenuta (centralina allertata da sensori di angolo al volante). Gli stessi scopi si possono ottenere agendo sui freni in modo differenziato e automatico (ESP). Con questo differenziale si può integrare l’altro sistema o sostituirlo senza usurare i freni, ma usurando le frizioni e con aggiunta di peso (valutare i pro e i contro).

                  Differenziale Ripartitore

                  E’ il differenziale centrale presente nelle trazioni integrali permanenti e ha lo scopo di ripartire la coppia motrice tra avantreno e retrotreno nella misura prevista in fase di progetto. Può essere bloccabile nei vari modi comuni ai differenziali che ripartiscono tra le ruote di un medesimo asse, oppure anche manualmente.

                  Differenziale Autobloccante

                  Viene utilizzato quando le condizioni d’impiego della vettura (per esempio in fuoristrada) o l’elevata potenza a disposizione rischierebbero di far slittare la meno aderente delle ruote motrici. Il bloccaggio è necessario poiché una delle caratteristiche del normale differenziale è che quando una ruota motrice pattina neppure l’altra, pur avendo una sufficiente aderenza, può trasmettere potenza. In questa situazione una ruota, quella con aderenza, sta ferma mentre l’altra ruota, scivolando, gira a velocità doppia di quella della gabbia. «Autobloccante al 25%» significa ad esempio che, se una ruota slitta per eccesso di coppia motrice, l’altra riesce comunque a trasmettere a terra una coppia pari a quella (debole) della ruota che slitta più il 25% della coppia in entrata al differenziale, sempre che vi sia abbastanza attrito fra terreno e battistrada. Salendo col bloccaggio calano le occasioni di rimanere fermi con una ruota in pattinamento ma la vettura perde di agilità (tende ad andare diritta) e si va verso la possibilità di perdita di aderenza per eccesso di potenza (pattinamento non più di una ruota ma di entrambe le ruote). Oltre ai tradizionali ZF a lamelle, in questi ultimi anni si sono diffusi altri dispositivi di bloccaggio, fra i quali il Torsen e i differenziali con giunto viscoso. Vedi anche “differenziale” e “autobloccante”. I differenziali autobloccanti sfruttano la differenza di coppia (torque sensing) o di velocità (speed sensing) tra le ruote dell’asse per compattare una serie di lamelle che lavorano a frizione.A = (C1 - C2) / (C1 + C2). Per vetture normali si va da 25% a 40% cioè A = da 0,25 a 0,40C1 = coppia sulla ruota di maggiore aderenzaC2 = coppia sulla ruota di minore aderenza. Ad es. autobloccante al 40% significa 30% sulla ruota a minore aderenza e 70% su quella a maggiore aderenza.

                  Differenziale Torsen

                  E’ un differenziale definito “a distribuzione di coppia” di tipo meccanico prodotto dall’americana Gleason. Utilizzando ingranaggi elicoidali per planetari e satelliti, fa in modo che le i due alberi in uscita possano variare la loro velocità relativa purché uno l’aumenti nella stessa misura in cui l’altro la diminuisce, esattamente come succede per i semiassi quando si percorre una curva (ciò che avviene anche con un differenziale normale). Invece, se una delle due ruote tende ad accelerare, come quando sta per pattinare, e l’altra non tende a ridurre la propria velocità, il sistema risulta quasi bloccato e di conseguenza la coppia s’indirizza verso la ruota che fa presa. E’ utilizzato attualmente, ad esempio, come differenziale centrale (ripartitore) della trazione integrale permanente Audi.

                  Distributore d'accensione

                  Invia alle candele l’alta tensione che fa scoccare la scintilla. Nel sistema tradizionale fa parte dello spinterogeno, riceve l’alta tensione dalla bobina e la distribuisce ai vari cilindri per mezzo di un dispositivo rotante azionato direttamente, o tramite ingranaggi, dal motore. Si stanno diffondendo impianti elettrici che ne sono privi perché dotati di una bobina per ogni candela (accensione diretta).


                  Io sono Tony, Chef Tony, Malanova etc etc..

                  Presidentedell'I.B.A.L.F.C.[IoBestemmioALoopFansClub]
                  Originally posted by Sergio di Rio
                  e' la prima volta che t sento dire un sinonimo di suino non legato al nome di qualche divinita'

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                  • #10
                    Distribuzione

                    E’ l’insieme degli organi che comandano l’apertura e la chiusura delle valvole di aspirazione e di scarico consentendo il passaggio della miscela aria-carburante (o della sola aria nel caso dei diesel e dei benzina a iniezione diretta) e dei gas combusti. Sono azionati dall’albero motore e il movimento viene trasmesso tramite UN INGRANAGGIO, una catena o una cinghia dentata agli alberi a camme che, a loro volta, agiscono sulle valvole. Le valvole si chiudono sotto l’effetto delle molle di richiamo (meglio se tronco-coniche, che riducono le masse in moto alterno essendo più leggere verso l’albero a camme) oppure di un dispositivo meccanico (distribuzione desmodromica). Il tutto deve essere perfettamente sincronizzato (fasatura) poiché, in caso contrario, le valvole potrebbero urtare contro la parte superiore dei pistoni. La distribuzione classica del passato era ad “aste e bilancieri” con alberi a camme nel basamento, il che consente di rimuovere la testa senza toccare la fasatura, mentre oggi, più diffusamente, i motori hanno gli alberi a camme nella testata, mossi da catena oppure cinghia (più raramente e solo per motori sportivi da cascata di ingranaggi) il che consente di raggiungere un numero di giri elevato. Tali alberi, tramite punterie (elemento che va a contatto con la camma), comandano direttamente o attraverso i bilancieri il movimento delle valvole. I bilancieri sono una soluzione raffinata, in particolare se il contatto con la camma avviene attraverso un rullo anziché un pattino, cioè con attriti particolarmente ridotti.La fasatura fissa risulta ottimizzata per un determinato regime di rotazione del motore e un determinato carico, mentre per gli altri regimi è solo una soluzione di compromesso; oggi è sempre più diffusa la fasatura variabile con meccanismi (variatori di fase) capaci di ottenere un ampio incrocio agli alti regimi e uno ridotto a quelli bassi.Si studiano anche sistemi di distribuzione svincolati dal movimento del motore addirittura privi di alberi a camme con comando idraulico o elettromeccanico (Daimler-Benz tra gli studi più progrediti).

                    DOHC

                    Double Over Head Camshaft: doppio albero a camme in testa.

                    Due e Quattro Tempi

                    E’ il numero di corse del pistone necessarie perché il motore compia un ciclo termodinamico completo. Nel motore a 2 tempi il pistone scende dal PMS (Punto Morto Superiore) in corrispondenza dell’accensione della miscela (in realtà l’accensione è un po’ prima del PMS, vedi anticipo di accensione), della sua espansione e dell’inizio dello scarico (primo tempo). Nel secondo tempo, mentre il pistone risale dal PMI (Punto Morto Inferiore) hanno luogo il lavaggio, l’immissione e la compressione. Nel motore a 4 tempi si susseguono una discesa con immissione, una salita con compressione, una discesa con combustione ed espansione e una salita con scarico, sempre intendendo come discesa il movimento dal punto morto superiore a quello inferiore e come salita il viceversa. Esistono anche motori a 6 tempi ecc.


                    Io sono Tony, Chef Tony, Malanova etc etc..

                    Presidentedell'I.B.A.L.F.C.[IoBestemmioALoopFansClub]
                    Originally posted by Sergio di Rio
                    e' la prima volta che t sento dire un sinonimo di suino non legato al nome di qualche divinita'

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                    • #11
                      Mi spiace molto rovinare " l'enciclopedia Tony " , ma vorrei fare due domande:

                      1) Esattamente cos'è la coppia massima è come fanno a misurala?


                      2) Il famoso Cx aerodinamico (0.28 0.32 .....) come fanno a calcolarlo, ci sarà un valore di riferimento?



                      e grazie
                      >> Dott. Mere (F.Moonglow) (DooM) <<




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                      • #12
                        per misurare la coppia credo che utilizzino un normale banco di prova usato anche per la potenza

                        Commenta


                        • #13
                          sottoscrivo.
                          coppia e potenza in cavalli le misurano sul banco prova coi rulli.

                          x il cx mi documento e ti so dire.


                          Io sono Tony, Chef Tony, Malanova etc etc..

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                          Originally posted by Sergio di Rio
                          e' la prima volta che t sento dire un sinonimo di suino non legato al nome di qualche divinita'

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                          • #14
                            Ok, Grazie....


                            Sareste così colti da dirmi anche:
                            Originally posted by Dottor Mere
                            1) Esattamente cos'è la coppia massima
                            >> Dott. Mere (F.Moonglow) (DooM) <<




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                            • #15
                              Originally posted by Dottor Mere
                              Mi spiace molto rovinare " l'enciclopedia Tony " , ma vorrei fare due domande:

                              1) Esattamente cos'è la coppia massima è come fanno a misurala?


                              2) Il famoso Cx aerodinamico (0.28 0.32 .....) come fanno a calcolarlo, ci sarà un valore di riferimento?



                              e grazie
                              Allora

                              1)La coppia,misurata in NM (newton-metro),esprime idealmente la capacità del motore di sollevare appunto un peso appeso ad una fune avvolta su di una puleggia di diametro pari a 1 m.
                              Con il banco prova dinamometrico si riesce a determinare coppia e potenza del motore( coppia e potenza che si riferiscono sempre all'albero,cioè non sono quelli scaricati sul terreno) in funzione del numero dei giri del motore( è scontato,ma bisogna osservare che la prova viene fatta con la valvola farfalla completamente aperta o della pompa iniezione a max portata onde evitare gli effetti della parzializzazione,ma questo è un altro discorso :O).
                              Avendo delle ascisse e delle ordinate va da se che viene fuori un diagramma con una curva per la coppia e una per la potenza,il punto massimo della curva di coppia esprime quindi il valore massimo che il motore raggiunge ^_^.
                              Aggiungo per chiarezza che il legame tra coppia e potenza è molto semplice: P (potenza) = Coppia * N dove N sta per il numero di giri del motore

                              2)Il cx è un coefficiente adimensionale che descrive la "difficoltà" che incontra il veicolo avanzando nell'aria lungo il suo asse x (e ovviamente ce un C- per ogni asse della vettura, Cy,Cz ..chiamato anche portanza/deportanza).
                              La formula con il quale viene calcolato è :
                              Xa/ 0.5 * Ro *Va al quadrato * S

                              Xa = forza aerodinamica lunga asse X
                              Ro = densità aria
                              Va = velocità
                              S = superficie sezione frontale veicolo

                              Spero di averla scritta giusta dato che meccanica dei fluidi la trovavo sempre pallosa :O

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