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Le Due Sorelle

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  • Le Due Sorelle

    PREMESSA: non vuole essere un opera letteraria, ma non mi andava di fare il solito background per il mio pg Irina Lainer, quindi ho deciso, di scrivere questa storiella (ore 1:09, cercate di capire pure il mio stato mentale...)
    Se non avete nulla da fare, dilettatevi pure a leggerla, non è, come ho già detto, un opera letteraria, ma una storiella che ho inventato (e tra parentesi Iride è la spada magica di Shadow che Irina tiene sempre addosso anche nel gioco). La storiella mi è venuta in mente così, quindi se scrivo fesserie, fatemelo notare pure brutalmente



    La protagonista della storia che tra poco narrerò, è una donna di circa trent'anni,
    della quale tutto direste, tranne ciò che è vero. Del resto disse un saggio,"Non tutto l'oro brilla". Di essa, si sapeva la sua abitudine di frequentare le peggiori taverne e locande, si sapeva la sua passione per l'idromele e la birra, e la sua rinomata resistenza agli effetti di queste. Si sapeva fondamentalmente ciò che l'occhio poteva vedere, ovvero che era una fanciulla bionda, alta poco più di un metro e settanta, dai lineamenti decisi, ma allo stesso tempo belli e delicati. La si poteva vedere girare bardata nella sua armatura di cuoio, che non intralciava i suoi lesti e fluidi movimenti, con alle spalle il suo lungo arco di frassino e la
    faretra, con i suoi sfuggenti occhi nocciola che fissavano ogni cosa, che registravano ogni singolo dettaglio.
    Oppure era possibile incontrarla nottetempo avvolta in uno scuro mantello, che pareva fatto della materia dell'ombra stessa, nella quale ella si muoveva con sorprendente agilità.
    Non rivolgeva ad alcuno la parola, e raramente rispondeva persino se interpellata, ma il solo fissare dei suoi occhi, a volte bastava a dare risposte esaurienti che difficilmente parole avrebbero potuto esprimere.
    Chi avrebbe mai detto, che era una fedele amica di Shamino, il ranger, e alla quale egli affidava spesso incarichi della massima importanza?
    Aveva ucciso, ma non era un'assassina;
    Aveva mentito, ma non era una traditrice;
    Aveva teso agguati, ma non era una fuorilegge;
    Aveva a lungo combattuto, ma il suo amico restava sempre stupito di quanto puro restasse il suo cuore e nobile la sua anima;
    Era conosciuta come Irina Lainer, ma chi avrebbe mai chiesto il suo vero nome?

    Quel giorno, si svegliò di buon mattino, erano appena le sei, e il sole sorgeva a momenti.
    Un messaggio aveva ricevuto nella sua piccola casupola a Trinsic, un urgente richiesta della sua presenza, Righmar si chiamava il mittente, nobile originario di Moonglow.
    Non sapeva com'egli fosse risalito a lei, ma nella lettera prometteva fior di quattrini.
    Pessimo inizio, pessimo.
    Andò all'indirizzo specificato, senza timore alcuno. Non aveva molti nemici... o comunque i nemici non avevano molto tempo per diventarlo, dato che una freccia con un arco lungo non impiega più di una frazione di secondo per trapassarti il cranio e vibrare sonoramente.
    Bussò all'ampio portico d'ingresso del palazzo specificato.
    Attese.
    Si presentò davanti a lei un buffo ometto, con una casacca di flanella sdrucita e lorda, tre orecchini incastonati nella parte esterna superiore dell'orecchio, calvo al centro, e con una buffa
    coda e un naso a patata.
    Temette di dover venire ad accordi con quell'uomo.
    Beh, di lei tutto si può dire tranne che fosse tollerante, bisogna ammettere.
    "Mi segua, la accompagno dal principale."
    Iniziamo bene, pensò.
    Lo seguì per corridoi illuminati dalla luce dell'alba, che davano su un giardino ben poco curato.
    Entrò in una stanza, molto larga, che pure era illuminata dalle finestre a doppio arco, rette al centro da una colonna avvolta su sè stessa e dai fregi antichi di quel palazzo glorioso.
    Ai lati grosse librerie, zeppe di tomi così impolverati che difficilmente se ne scorgeva il titolo.
    Al centro di questo salone semideserto, una scrivania, piena di carte disordinate, con una penna d'oca e alcuni fermacarte di dubbio gusto.
    Dietro d'essa, un uomo grasso, dalle sopraciglia folte e nere e dai radi capelli arruffati, con uno stivale poggiato sulla scrivania.
    Continuiamo peggio
    S'assise su una seggiola minuscola di paglia messa di fronte a questa, che creava uno strano effetto posta di fronte al grosso "trono" ricoperto di raso bordeaux.
    "Oh, buongiorno, sono felice che almeno lei dei mercenari convocati sia giunta"
    Screanzato
    "Non voglio rubarle del tempo, veniamo agli affari, dunque"
    Ma sentilo...
    "Ho ricevuto notizie da fonti di cui non faccio il nome, di un oggetto che mi interesserebbe recuperare". Ella inarcò un sopraciglio biondo e sottile.
    Ma mi ha preso per un tagliagole o cosa?
    "Mi dica dunque, anche se devo anticiparle che accettare l'incarico o meno è una mia scelta".
    "Ma certo, non si preoccupi. Le va di berci un bicchierino?"
    "Penso le farebbe male alla sua età, messer... Righmar". Il tono era del tutto inespressivo.
    "Capisco, capisco, andiamo al dunque..."
    Insiste...
    "Penso lei sappia di Iride... beh, credo di potere localizzare questa lama, e suo compito sarà recuperare l'arma, dietro mie indicazioni". Gli occhi di lei si spalancarono.
    E c'è da dire che stupire Irina era un'impresa che poche volte riusciva.
    Iride... una lama sacra, fatta di un bianco acciaio che riflette mille colori alla luce
    "Cosa ne pensa?"
    "Mi dica di più..."
    L'ometto si alzò, compiaciuto di avere impressionato la donna. Le girò attorno mentre il suo sguardo lo seguiva. Le arrivò alle spalle.
    Ella non amava che qualcuno le parlasse standole alle spalle.
    "Un Demone di un altro piano d'esistenza, la rubò centinaia di anni or sono, ed Iride, tuttora vive nei racconti. Io dovrei aver localizzato dove questo demone si nasconde. Assieme a una tribù di orchi ridotti in schiavitù."
    Esattamente ma la rubò al suo legittimo proprietario, Lord Remorth Ithilien, i cui discendenti vivono risiedono in questa città...
    "Naturalmente verrà pagata quando mi porterà la spada".
    Come se m'importasse dei tuoi lordi soldi

    Le fu spiegato come giungere alla caverna nei monti ad est di Cove.
    Ed Irina si mise così in viaggio,fece tappa per la capitale, oltrepassò la palude a sud del deserto e pochi giorni dopo si trovava a Cove.
    Purtroppo non conosceva così bene quella zona, e così decise di trovare informazioni col suo solito metodo. La sera era in una locanda, e subito intercettò un minatore, che di certo era di ritorno dai monti orientali. S'assise di fronte a lui, portando una mano al mento e accavallando le gambe.
    "Ho appena ordinato della buona birra... io sono sola, possibile che in questa città non c'è un cavaliere che possa tenermi compagnia... mi chiedevo se...".
    Lo guardò bene, era sporco, sudaticcio, gli mancava qualche dente. Eppure non provava la repulsione che gli faceva provare il suo mandante.
    Bevettero, e bevettero ancora. E l'uomo rideva... Irina, accennava qualche falso sorriso, per compiacere l'uomo per le sue volgari battute. E ben presto il primo grande alleato della donna, venne in soccorso. E tra una risata e l'altra, si susseguivano le domande sulla geografia dei monti, e sulle zone inesplorate e sull'ubicazione dei centri estrattivi.
    E quando la testa dell'uomo cadde sul tavolo, s'alzo e senza produrre alcun rumore, pagò il conto e scomparve come un illusione.
    Il mattino, era già pronta per avviarsi alla volta delle montagne.
    Ora sapeva esattamente la zona in cui cercare la grotta. E un altro alleato dell'avventuriero, quello più incerto, stavolta accorse pure in aiuto, la fortuna volle infatti che prima del calare del sole, già ella si trovasse a vedere dalla cima di un albero col suo cannocchiale, la volta scolpita della caverna.
    Attese infine il calare dell'ultimo suo alleato, le tenebre.
    Si piazzò nella boscaglia antestante la volta, prese con cura i suoi strumenti, e li preparò per l'azione.
    Sul modo di agire di lei, beh, bisogna sapere fondamentalmente che sapeva magistralmente sfruttare ciò che di meglio offriva la tecnica e combinare ciò colle arti arcane magiche.
    Tra i suoi attrezzi, quindi, si potevano trovare tanto delle frecce con congegni sofisticati ad uncini che spazzavano via scheletri, frecce incendiarie, frecce blindate e perforanti e allo stesso
    tempo dardi d'energia, capaci di provocare mortali shock elettrici, piccoli pugnali da lancio capaci di mandare in panico anche il più coraggioso dei condottieri per fatata malia e gingilli simili.
    E così, pochi rapidi attimi, dove prima c'erano due sentinelle orchesche, al solo suono di un paio di sibili, ora giacevano senza vita.
    Silenziosa come una brezza estiva, percorse i corridoi scarsamente illuminati, piantando una daga nella schiena delle poche altre sentinelle.e giunse davanti a un portale, adornato di decine di candele, la maggior parte delle quali accese.
    Ultima modifica di ThunderStorm; 23-02-2004, 01:48.

  • #2
    Sapeva esattamente cosa si trovasse oltre. Decise che non aveva altro tempo da perdere, spalancò il portone con un sonoro calcio, e stupito il demone, seduto su un trono interamente composto di nero marmo, si chiese cosa ci facesse quella piccola insignificante umana lì, a fare la parte del leone.
    S'alzò, pienamente intenzionato a mostrare la sua maestà, ma neppure fece in tempo che si trovò un giavellotto piantato nel petto. Un attrezzo benedetto in sacre acque, che mandò velocemente l'avversario in fiamme tra mille tormenti e grida.Non era certo il primo demone che bandiva dal mondo.
    Nel suo vasto salone, dalle volte in pietra, e con verdi e malefiche lanterne sulle pareti, ella inizio rapidamente e freneticamente a cercare ciò per cui era venuta, sperando di trovare l'arma prima che gli orchi si chiedessero cosa stava succedendo.
    Diversi forzieri giacevano ai lati del trono, li aprì e rovistò furiosamente, finchè non vide un astuccio metallico con delle rune in avorio intarsiate tra i fregi metallici. Fece saltare via la serratura, e fiera aprì il contenitore, per trovare Iride ben chiusa nel suo fodero.
    Se la mise sotto il braccio e si affrettò all'uscita... ma udiva chiaramente le strida ripugnanti degli orchi avvicinarsi. Cinse la spada al fianco, con una mano sul pomo, preparandosi a sfoderarla per accecare gli orchi colla luce, ma quando vi si trovò di fronte, e con un rapido movimento e un acuto clangore metallico tirò fuori la lama, scoprì essere essa completamente nera e ombrata.
    Non ottenne quindi l'effetto sperato, ma molte teste furono tranciate, e con suo grande piacere si avvide che il filo della lama era perfetto.
    Approfittando di una momentanea ritirata delle creature,corse al'uscita, e con un fischio modulato chiamo il suo destriero e corse via.
    E corse, corse, fermandosi raramente. Entrò in Trinsic, e senza neppure passare per casa sua, sotto la pioggia implacabile, si diresse al palazzo Ithilien.
    Attese.
    Bussò, e fu ricevuta. Questo riferì al giovane rampollo, profondamente irritato per essere stato destato dal sonno prima dell'ora di pranzo: "Riporto alla tua famiglia ciò che era stato vostro e vi fu sottratto. Rieccoti la rinomata spada Iride."
    Porse l'elsa e il fodero al giovane, stupito e incredulo. Goffamente estrasse dal fodero la lama, con ancora più stupore avvedendosi che era annerita e oscura.
    "Signora, vuol forse prendersi gioco di me?"
    Imbecille
    "Credo, Milord, che i lunghi anni al cospetto del demone, abbiano corrotto l'antica luce, comunque ho potuto verificare che la spada..." Fu interrotta.
    "Segno di sventura è questo, portate via quest'arma, che il suo potere malefico non infesti questa rispettabile casa!"
    Che ingrato...
    Ed uscì dalla casa, un pò delusa. Non aveva rischiato la vita per venire trattata a quel modo.
    Lei non credeva alla sventura, tantomeno che un arma fosse maledetta. Ed in effetti, Iride era tutt'altro che maledetta.
    Divenne la sua compagna di battaglia, e tuttora la porta sempre al fianco, ed essa non ha mai deluso la fiducia di lei.
    In fondo... si somigliano...

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